Pinotti, si va in guerra non al voto

pinotti coi comandanti femminiliLibia, pericolo imminente per la difesa nazionale dell’Italia. Si va in guerra non al voto. L’intervento si è reso urgente, non è più possibile sottovalutare ancora a lungo il pericolo del Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi che avanza inesorabile. Da Sirte punta su Tripoli infatti e sarebbe un disastro averlo di fronte a poco più di 300 Km dalle coste italiane ammette la Pinotti. All’azione sul campo inoltre, l’Isis affianca una sofisticata propaganda con mezzi di comunicazione avanzati osserva ancora il ministro della difesa renziano, che va stroncata. Il video che mostra il rogo del pilota giordano ad esempio, è stato studiato e realizzato accuratamente nelle scenografie perché il messaggio raggiungesse i giovani musulmani di seconda generazione, quelli che si sentono esclusi ed emarginati nelle periferie delle città europee, per dare loro un segnale di potenza invincibile, un richiamo forte. Dopo Gentiloni anche Pinotti finisce per ammettere che i barconi sono una delle vie di arrivo dei terroristi che potrebbero annidarsi tra i migranti ospitati in albergo ed a cui paghiamo vitto, alloggio, assistenza, telefono e mettiamo anche qualche euro in tasca giusto per lo svago. Adesso che si parte per la guerra, evidentemente si può confermare quello che era già evidente: gli jihadisti arrivano coi barconi; certificarlo non è più un “favore” che porta voti a Salvini. Impensabile infatti chiamare gli italiani al voto quando avranno gli stivali affossati nelle sabbie libiche. Due piccioni con una fava, lunga vita si prospetta all’orizzonte del Governo Renzi. Se questo è lo scenario, l’aventino dell’opposizione alle riforme gli fa un baffo. L’Italia guiderà una coalizione su mandato Onu dove insieme a Francia, Inghilterra ci saranno Egitto ed Algeria, potenze regionali la cui presenza contribuirà a ridimensionare la percezione minacciosa della spedizione agli occhi dei civili libici. Altro che 5000 uomini di cui parla la Pinotti, non basteranno 100.000 soldati schierati su suolo libico per riportare la pace secondo il generale-scrittore Jean. Dopo la caduta di Gheddafi prosegue, la Libia è ritornata ad una condizione pre-moderna con lotte tribali per accaparrarsi le riserve della Banca centrale Libica all’estero (70mld) ed i proventi del petrolio. header-vignetta-Isis bandiera nera fumante dal pozzo di petrolioRiprendere il controllo e ristabilire l’ordine, significa dotarsi di mezzi pesanti. L’unico che ha mezzi militari e può intervenire in Libia è l’Egitto, ma Al Sisi non si lascerà coinvolgere nella polveriera che è diventata la Libia è l’opinione del generale Camporini. Lo sfascio è stato causato dalla decisione idiota presa dalla Francia di Sarkozy nel 2011 e dall’inerzia di Obama. Su queste valutazioni il generale Camporini concorda con Prodi come vedremo più avanti. Non si abbatte un dittatore che mantiene l’ordine tra le diverse tribù senza avere personalità credibili in grado di sostituirlo, osserva. Concorrono ad aggravare il pericolo immediato per l’Italia, gli ingenti arsenali militari accumulati da Gheddafi e che ora sono in mano alle varie fazioni, così si spiegano i veloci cambiamenti di fronte e le avanzate improvvise dell’Isis senza incontrare resistenza in un territorio vastissimo abitato da soli 6 milioni di persone, chiarisce nel dettaglio il generale. Se la Libia è caduta nel caos lo si deve agli interessi economici della Francia che affrettò la rimozione di Gheddafi, ribadisce Prodi il quale però non trova di meglio per risolvere il problema che il solito tavolo intorno al quale bisogna sforzarsi di far sedere tutti gli interlocutori. Aggiungere un posto quindi anche per l’Isis al tavolo? Provoca la domanda Romano Prodi con le sue stesse parole: è questa la soluzione per la Libia, gli viene chiesto, ma rifiuta di rispondere. Qualche mese fa se ricordate, rispose per lui uno dei maggiori estimatori all’interno del M5S, quel Di Battista terzomondista nelle veci di legato del califfo che alle quirinarie appoggiava appunto Prodi, poi risultato primo eletto. Un caso od una posizione ispirata dal professore bolognese quella del dialogo col califfo? E’ noto che Prodi la sa lunga in tema di commerci e mercati, contratti, trattati, compromessi, alleanze, acquisizioni, vendite e svendite. Un vero esperto insomma di paesi in “via di sviluppo”. A questo punto è lecito pensare ogni cosa. Sta di fatto comunque che la Libia non è solamente il bancomat del califfo, ma è diventata anche la sua piattaforma di lancio: basta un missile Scud scrivono quelli dell’Isis per colpire l’Europa e quindi l’Italia che dista solamente 300 miglia nautiche. Gli scud se ben armati, possono raggiungiungere tranquillamente le coste della Sicilia. Con questi missili di fabbricazione sovietica venduti a Gheddafi ebbe già a che fare Craxi nel 1986. Caddero in mare a pochi metri dalla spiaggia di Lampedusa e fu solamente un gesto dimostrativo quello d’allora, del compianto Rais visto i risultati. Con gli uomini del califfo purtroppo sarà ancora peggio perché non si ragiona, impossibile anche solamente immaginare d’intavolare un negoziato. Non c’è altra soluzione che l’intervento armato

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