Ue in grande affanno. Da Bruxelles a Berlino sono tutti alla spasmodica ricerca di una sponda per aprire il dialogo coi talebani. Si teme una nuova ondata di profughi come quella siriana del 2015. La disfatta dell’esercito di Biden più di tutti gli altri paesi, ha gettato nel panico la Germania. Una invasione di afghani attraverso la rotta balcanica, già percorsa dai siriani, segnerebbe il tracollo definitivo della CDU, il partito cristiano democratico tedesco che sta per ereditare la cancelleria retta con mano sicura per oltre quindici anni, da Angela Merkel, la quale è andata da Putin e prima ancora ha chiamato Erdogan; ha fatto infine appello anche all’Iran pur di trovare un aiuto concreto che scongiuri le partenze di masse dall’Afghanistan direzione Europa. Merkel ha compreso che la fuga degli americani, ha galvanizzata l’intera humma e l’occidente nel suo complesso, vincolato com’è ai diritti ed agli umori delle sue opinioni pubbliche, non fa più paura. I talebani sentono a tal punto di avere le mani libere, che hanno già emanata la prima fatwa infischiandosene delle promesse fatte in conferenza stampa per rassicurare l’opinione pubblica internazionale circa la moderazione del nuovo corso dopo l’esperienza terrificante conclusa nel 2001 con l’arrivo delle truppe Nato. I talebani hanno vinto, ha proclamato Borrell. Quando Bruxelles si agita, vuol dire che la Germania ha un problema da risolvere con ogni mezzo, costi miliardi, vedi accordi con la Turchia e/o infrazioni delle ferree regole dei Trattati imposte alla puntuale osservanza degli altri membri dell’Unione. L’Italia e la Grecia patiscono da oltre un decennio sbarchi di apolidi dai quattro angoli della terra, Bruxelles è restata muta quando non ha richiamato gli Stati membri ai doveri di accoglienza. La Commissione ha cinto Polonia, Ungheria e lo stesso povero Salvini con un cordone politico che rasenta la discriminazione, ma s’è la Germania ad essere alle strette, allora va bene anche il dialogo coi talebani. La democrazia ed i diritti umani possono essere sospesi. Accadde in Grecia con le nefandezze della trojka; accadde in Italia col governo Monti. Stavolta, però le sensazione è che lo choc della capitolazione repentina di Kabul abbia gettato la nomenklatura UE nel panico e nella confusione più totale ed incontrollata. Con la Gran Bretannia fuori; la Francia di Macron non in grado di menare le mani come un tempo; gli americani che risalgono in disordine e senza speranza le scalette degli aerei, che avevano discese con orgogliosa sicurezza, la UE non ha alcuna altra potenza globale dietro la quale trincerarsi. Le circostanze, han mandate in tilt gli apparati messi sotto pressione da Berlino che sente il fiato degli afghani arrivare alla porta di Brandeburgo in aggiunta ai siriani ed ai più numerosi turchi residenti stabilmente da decenni in Germania. Sarebbe una disfatta a tutto vantaggio nelle urne degli estremisti di AFD se non fosse che l’Afghanistan non è la Siria. Le condizioni statuali e quelle date dal campo, sono profondamente diverse. Assad doveva fare i conti con l’assalto dell’Isis direttamente nelle strade di Damasco e con le bombe della NATO che gli cadevano in testa. Non aveva alcuna possibilità di controllare i confini. Viceversa, l’Afghanistan talebano, evacuati gli ultimi americani entro la fine di questo agosto di fiamme, non ha nemici da fronteggiare e basteranno pochi giorni per sigillare ermeticamente i confini coi soliti modi spicci quando non feroci. Tutto lascia pensare che da Kabul, non uscirà più nemmeno una mosca nei prossimi trent’anni per la gioia dei pacifisti nostrani e buona pace del povero Gino Strada.
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