C’hanno parlato di “primavera araba” e ben presto abbiamo capito ch’era solo un triste autunno quello spuntato in Egitto, Tunisia e Libia. Coltivando la stessa illusione per anni c’hanno spiegato che l’AKP, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo che guida la Turchia, fosse paragonabile a quello che fu la DC per l’Italia ed invece a restare delusi sono stati i turchi per primi: hanno scoperto a loro spese che quello di Erdogan è solo un partito islamico che ha messo ai margini l’esercito guardiano della laicità della Repubblica fondata da Atatürk, per poi reinventarsi una strisciante sharia temperata da sviluppo economico e tecnologico, ma con l’obiettivo ultimo di riportare la società turca ai costumi reazionari di una teocrazia invasiva. Per i giovani che hanno sfidato le cariche della Polizia, gli alberi del parco Gezi sono stati un prestesto, i motivi profondi della protesta soffocata dalla furia islamista sono mossi dagli assurdi ed inconcepibili divieti introdotti dalle Leggi di Erdogan che impediscono di mostrare le gambe alle donne protagoniste della pubblicità, che vietano di vendere alcolici, che vietano di baciarsi in metropolitana, che hanno legalizzato il velo per citare solo alcuni tra i precetti di tenore moralista rispolverati. Eppure nonostante l’evidenza della cronaca, abbiamo ancora attivisti radicali con diritto di tribuna autorevole come la Bonino che auspicano l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. Come se non avessimo già abbastanza grane da risolvere. Quella dei radicali non è stata in questi ultimi anni una posizione isolata tanto che gli approcci tra la Commissione europea ed il governo di Ankara sulla via dell’adesione all’Unione sono restati fitti e costanti anche se ispirati a prudenza per le riserve francesi e tedesche. In tanti hanno visto nel modello Erdogan una nuova democrazia di tipo islamico capace di essere alleata fedele degli Stati Uniti e di sottrarsi all’abbraccio dei fratellastri musulmani, fondamentalmente questi sono i motivi che rendevano “necessario” il progetto di una integrazione europea per la Turchia. Dopo gli arresti ed i feriti di piazza Taksim, l’idea che la Turchia possa entrare a far parte dell’Unione a pieno titolo, crediamo che sia spontaneamente abortita, lo stesso tono amaro del comunicato con il quale la Farnesina guidata dalla onnipresente “Emma the minister” buona per ogni stagione e per tutte le poltrone grazie alla sua riconosciuta esperienza in aborti, è la prova che non si può più argomentare in maniera credibile l’ingresso in comunione nell’Europa dalle radici cristiane, di una potenza islamica che rivendica di appartenere ad un altro mondo. Opera infatti da anni in Turchia, una sorta di società segreta come svela il libro “L’esercito dell’Imam”, che si raccoglie intorno all’esule Fetullah Gülen e che con efficace pervasività è riuscita ad entrare nei gangli dello Stato soprattutto nelle fila della Polizia, dei servizi d’intelligence, ed in politica con il compito di ricostruire l’identità musulmana della Turchia traformandosi in una forza propulsiva sotterranea dell’integralismo religioso che avrebbe secondo l’autore, condizionato pesantemente l’AKP.
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nnon capito niente di quella scritto. lei capito?!!!
Islam e democrazia sono incompatibili ed infatti l’integrazione della Turchia nella UE è “abortita” dopo i fatti di piazza Taksim. L’unica in Italia che non si rassegna ad abbandonare l’idea, è una nota abortista. Gent.ma Eisa, ci auguriamo di averLe reso il concetto più chiaro. Restiamo a diposizione.