Sapeva o non sapeva della Shalabayeva per una Repubblica senza quid non fa differenza. La discussione c’è concessa, è l’esercizio della sovranità che c’è impedito quando in ballo vi sono gli interessi di potenze soverchianti. La nostra democrazia è nata da una rovinosa sconfitta, è bene tenerlo sempre a mente; il diritto internazionale prevede per essa governi monchi e ministri a cui non è dato il dono del quid. Indifesi ed impotenti senza alcun peso internazionale reale, siamo rimasti la sola democrazia al mondo a sovranità limitata, felici di passare per fessi purché “se magni”. Demoliti da una retorica che contrabbanda la democrazia con l’assenza di ogni forma di autorevole decisione, abbiamo scolorito i nostri tratti ideali persuasi che la libertà possa essere garantita da confini indecisi ed aperti fino al punto da ritrovarci in casa plenipoteziari a dettar legge, le sole cui obbediamo senza fiatare. Corpi dello Stato eterodiretti, mortificati e piegati allo straniero consapevole che mai alcuna deterrenza il nostro sistema parlamentare sarà capace di mettere in campo. Restiamo in balia di chiunque abbia l’ardire di prendersi licenze e senza pudore neghiamo la nostra resa incondizionata in nome e per conto di una democrazia seviziata e sconfitta. Siamo capaci di mobilitarci contro un treno veloce come contro un inceneritore, scendiamo in piazza in difesa di diritti astratti come di privilegi corporativi, ma restiamo spettatori rassegnati di fronte alle violenze subite quando in gioco c’è la comunità di popolo. Chiniamo il capo soddisfatti e sicuri che anche domani le nostre pance saranno piene, poco importa se il nostro onore è vilipeso e svenduto. Quanto più debole o corrotto è il governo che ci propongono, tanto maggiore è il nostro entusiasmo ed il consenso che gli decretiamo nelle urne. Pavidi e masochisti, glorie e medaglie regaliamo a chi si prende beffa della nostra fiducia.
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