Francia e soprattutto Germania, ce la vendono per Europa, da circa trent’anni, ma la realtà ci dice che sono semplicimente Trattati tra Stati ciascuno dei quali prova a trarre il massimo vantaggio dalla sua posizione dominante agitando regole e valori come meglio gli conviene. Ciascuno, ad eccezione di uno, l’Italia che si precipita sempre in prima linea quando ci sono da applicare principi e direttive alla lettera di Bruxelles anche nei casi in cui sembrano essere state scritte apposta per scaricargli addosso il peso di una regolamentazione che frena quando non distrugge del tutto interi settori della economia nazionale. Principi e direttive che finiscono viceversa, spesso sul banco degli imputati dinanzi alla Corte di Karlsruhe, perchè in Germania ed in Francia, il diritto comunitario è prevalente sulla carta straccia dei Trattati, ma non nella prassi concreta delle decisioni politiche. I duecento miliardi che Berlino ha stanziato per le bollette dei tedeschi respingendo la proposta italiana di un tetto al prezzo del gas che aiutasse tutti gli europei a superare il prossimo inverno di guerra, è solamente l’ultima delle prove di una egemonia esercitata con arroganza che durante le crisi, getta la maschera delle istituzioni UE e viene fuori sfrontata di egoismo nazionale. Prendiamo in esame ad esempio, una delle regole fondative della Unione Europea, la libera concorrenza ed il divieto di aiuti di Stato nel settore energetico che pure è il propellente dello sviluppo di un paese come il nostro nel quale l’economia di trasformazione registra un peso ancora preminente e per fortuna, rispetto alla fragile economia dei servizi e del turismo che larga parte del pensiero illuminato aspirerebbe a rendere esclusiva nella formazione del PIL nazionale perchè sostenibile con il proposito di salvare il pianeta. Novella Atlantide, la povera Italia dovrebbe, secondo i gretini, reggere da sola madre terra rinunciando ad ogni intrapresa di sviluppo manifatturiero, salvo poi ritrovarci tutti in fila con la mano tesa all’ufficio delle Poste per il reddito di cittadinaza al primo virus che s’incunea maligno tra la stiva di una nave proveniete dalla Cina ed il carrello di un aereo ”charter”, proveniente da una landa sperduta, non si capise a far che cosa. E’ una roba moderna, vogliamo mica scherzare? E’ la globalizzazione. Donne, uomini e capitali da ogni angolo della terra, tutti qui, su questa piccola lingua protesa nel Mediterraneo a comprare i nostri gioielli sapientemente cesellati dall’arte milleneraia ed a venderci robaccia scadente per ridurci a consumatori anonimi nel nome dello Stato di diritto europeo e dell’economia di mercato. Intanto che la Germania si fa i suoi affaracci con la Cina e sottoacqua con la Russia, la Francia promette di sorvegliarci e tenerci a bada se solo avanziamo la proposta di comprarci i loro cantieri navali in disarmo. Non si mettono d’accordo su niente, conferma il prof. Sapelli e non potrebbe essere altrimenti. L’Europa esiste nei dibattiti e nelle cronache politiche, ma non ha un numero di telefono al quale chiamare per chiedere di discutere decisioni imparziali dalle quali tutti gli Stati membri possano trarre vantaggi in egual misura. Si procede per assiomi, dettati dalle potenze egemoni osserva il prof. Sapelli. E’ il caso della dottrina liberista applicata alle fonti energetiche che non ha creato un mercato, ma lo ha fatto fallire. Il gas è un oligopolio naturale, non puo’ essere acquistato seguendo le oscillazioni quotidiane della speculazione, ne va del destino economico degli Stati nazionali. L’approvvigionamento energetico va negoziato con i produttori su basi contrattuali pluriennali perchè famiglie e soprattutto imprese, siano messe nelle migliori condizioni di poter programmare e competere alla pari mentre oggi, con i ”future” energetici, i prodotti manifatturieri sui mercati internazionali sono penalizzati perchè gravati da costi che di fatto li mettono fuori mercato. La crisi energetica sta mettendo a nudo le crepe e finora Scholz e Macron non si stanno dimostrando alfieri del sogno europeo che tale sembra restare solamente per noi ingenui italioti. La delusione è tanta e le politiche di Berlino e Parigi assomigliano ogni giorno di più a una dismissione. L’impressione è che davanti all’emergenza proprio gli Stati più pesanti si muovano per salvare se stessi. Attenzione al gioco sporco. Stavolta le cose sembrerebbero mettersi su un binario diverso da quello che nel 2011 portò alla defenestrazione del Governo eletto ed al commissariamento dell’Italia presa sotto tutela dalle istituzioni europee e dal FMI con la regia della Germania merkelliana. Calvalcare la crisi della bolletta energetica cosi’ come avvenne con la crisi del debito sovrano del 2011, per mettere alle corde il prossimo Governo Meloni che annuncia centrale il favore degli interessi nazionali italiani in aperta dialettica contraddittoria ai bellimbusti che la fanno da padrone a Bruxelles, potrebbe risultare fatale. L’agenzia Moody’s, la maggiore delle sorelle del raiting sul debito sovrano, avverte i governi della Unione Europea: il fallimento dell’Italia, per le dimensioni stesse della sua economia, trascinerebbe anche gli altri Stati membri facendo crollare l’intero castello di carte che precariamente tengono in piedi la costruzione immaginata dalla Germania per esercitare legalmente la sua egemonia sul vecchio continente. Aver trattato con sufficienza l’atlantismo ed il perfetto inglese della giovane Giorgia, potrebbe costare caro. Ricredersi o meglio, comprendere il nuovo corso europeo inaugurato nelle urne dagli italiani il 25 settembre 2022, è il suggerimento interessato che arriva d’oltremanica, direttamente sui tavoli europei.
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