I magistrati sono particolarmente sensibili agli attacchi via internet, non potendo far nulla contro la stampa tutelata dalla Legge, incutono timore alla rete con sentenze come questa che NON è la prima e non sarà l’ultima. Ricordiamo qui il caso del prof. Carlo Ruta e del suo sito amatoriale “accade in Sicilia”: censurato e condannato in primo e secondo grado per aver messo in rete una rivisitazione storica-analitica di carte processuali, dalla quale un Giudice si sentì diffamato. Questi episodi finiscono per nuocere alla magistratura stessa che utilizza il suo potere per silenziare le critiche. I Blogger spesso adoperano la stampa come una sorta di bibliografia dalla quale si attingono spunti e temi di interesse generale alla stregua di “agenzie” utilizzate nelle redazioni dei quotidiani ed anche per dar maggior forza e credibilità ai commenti, sembra però che questo lavoro di ricerca e approfondimento sia diventato un reato. Spendere i soldi dei contribuenti per condurre processi penali alle opinioni su fatti reali accaduti e resi noti dalla stampa, è un assurdo che incrina il rapporto di fiducia tra la gente comune e lo Stato. Speriamo che in secondo grado il blogger possa incontrare sul suo cammino un giudice illuminato che tiene a cuore la Giustizia piuttosto che la difesa corporativa. Un ennesimo episodio che ci duole fortemente perché si configura come una intimidazione alla libera espressione del pensiero. Cominciano ad essere troppi i blogger in difficoltà e dopo una esperienza simile, sicuramente quelle pagine si scoloriranno fino a diventare bianche del tutto. Chi avrà vinto? La Giustizia o l’orgoglio ferito di un uomo che l’amministra in nome del popolo e che decide in ultima istanza di zittire chi gli ha conferito quel mandato?
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