Cresce sempre più in Europa il rigetto verso il fenomeno della immigrazione di massa. I sondaggi registrano una media del 60% di europei contrari ai flussi immigratori massicci come quelli degli ultimi due anni e la tendenza repulsiva tende ad aumentare tanto da aver costretto le classi dirigenti europee a non snobbare la questione come pure si è cercato fin qui di fare, perché comincia ad assumere i caratteri propri di una rivolta incontenibile che non si può semplicisticamente ricondurre ad un rigurgito razzista. A voler indagare con maggiore realismo, le cause di tanta ostilità che affiora trovano la loro genesi nella inconscia paura collettiva che investe i popoli quando vedono minacciata la propria sicurezza dall’arrivo dello straniero, del diverso. A tanto indotti anche e soprattutto dalla scarsa disponibilità del nuovo vicino di casa che malamente cela il disprezzo e l’intolleranza verso quella stessa civiltà che si ripromette di dargli da vivere. A cadere sotto i colpi dei kamikaze tanto disperati quanto disadattati, non sono dunque solamente le vittime innocenti di generosa ospitalità, ma l’architettura stessa della teoria globalista del capitale flottante che ha voluto imporre un salto nella storia troppo lungo alle genti del mondo sottosviluppato, privandoli dei necessari processi di avanzamento progressivo ed adattamento alle esigenze della civiltà del benessere materiale. I popoli non sono intellettuali osserva Cacciari e per fortuna, aggiungiamo noi. Essi non siedono a tavolino per immaginare un mondo diverso dal reale, non teorizzano diritti innaturali che si fanno passare come conquiste dell’uomo mentre molto spesso altro non sono che il riflesso esistenziale frustrato di pochi. I popoli sono carne viva e la loro paura di fronte a fenomeni incontrollati e minacciosi è del tutto comprensibile, ragionevole. Anzi, ci sarebbe da stupire se fosse il contrario, rimarca Cacciari. Il primo istinto dell’uomo è quello della sopravvivenza e le certezze gli vengono dalla conservazione dei riferimenti tradizionali che si tramandano lentamente e con fatica tra le generazioni ciascuna delle quali ne sedimenta di nuovi che le precedenti supera, ma li comprende. Tra un anno, dopo che si sarà votato in Austria, Italia, Germania e Francia, verificheremo se la pretesa di non contenere e circoscrivere l’immigrazione sarà stata una determinazione lungimirante che apre l’orizzonte ad una nuova era, o una miope e sciagurata suggestione universalista che ci costringerà a ricominciare da zero.
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