Dopo Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, la Merkel si passa anche Renzi, ma non cede nulla di più che la flessibilità già prevista dal fiscal compact. Con Renzi è diverso però lascia trapelare dal suo staff Angela, il cancelliere di Germania. E’ giovane, ma non è infantile. Chiede consigli, ma fa di testa sua. E’ scaltro, è forte, tutto diverso dai suoi predecessori. Quello che di Renzi più manda in solluchero la Merkel, sono gli annunci e le scadenze. Gli darò una mano, promette. Nessuno ha avuto il coraggio di rivelargli che Matteo è un vero fenomeno negli annunci, un pò meno nel mantenere ferma la parola. In effetti a ben riflettere non è poi così tanto diverso da tutti gli altri suoi compatrioti: termini e scadenze sono indicative, cosa ben diversa dagli impegni improcrastinabili che assume un tedesco. Dal vertice europeo Renzi torna vincitore strombazzano i giornali e le mezze gazzette governative, ma in effetti non ha portato a casa niente. La Merkel infatti, memore delle numerose esperienze di relazioni tra Germania ed Italia, gli ha messo a guardia un falco della stabilità come il finlandese Katainen che controllerà preventivamente i bilanci degli Stati ed eventualmente autorizzerà la famigerata flessibilità per la crescita se le spese saranno compensate da robuste riforme. Per imporre le sue regole, nei prossimi mesi la Merkel ha pensato bene di legare le mani agli spendaccioni con contratti nazionali firmati a Bruxelles. Solo in apparenza la stretta sembrerà che si allenti con i project bond, mentre in realtà al fine di ottenere finanziamenti gli Stati con alto debito dovranno affondare il coltello dei tagli nella spesa pubblica e nello stato sociale. Ecco perché il golden boy tiene alle sue riforme e cerca con tutte le forze di rimodellare a sua immagine e somiglianza il partito, il governo, finanche lo Stato.
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