Sbrigati, sono già le dieci arriviamo tardi. Le rotture domenicali di una brava moglie. Avviati, io prima passo in edicola. Di corsa in Chiesa giusto in tempo per il Vangelo tenendo il dito medio nel giornale alla pagina 10 per non perdere il segno: domani lunedì sarò in ufficio convinto più di prima di stare dalla parte dei “buoni”, dopo aver letto questa lunga intervista di Piercamillo Davigo, una vita per la repressione. La corruzione è un reato? Allora va perseguita. Le conseguenze dei delitti ricadono su chi li ha commessi, non su chi li persegue. Anzi, forse abbiamo esagerato con le scarcerazioni, risposta politicamente scorretta, ma giuridicamente ineccepibile. Una risposta pronta e disarmante all’accusa di abuso della custodia cautelare. Comprensibile all’uomo della strada, inaccettabile per chi detiene il potere e si trova di fronte un arcigno magistrato deciso a far rispettare la Legge. “Davigo fascista, sei il primo della lista”, la scritta campeggiava di fronte al suo ufficio di Torino intorno alla metà degli anni ’70 racconta il Consigliere di Cassazione, l’unico magistrato ancora in servizio permanente effettivo di quel pool mani pulite della Procura di Milano passato alla storia per aver abbattuto la I Repubblica dei partiti nata dalla Resistenza. Un gruppo di magistrati che agli inizi degli anni ’90 con la caduta del muro di Berlino e la fine dei blocchi contrapposti est/ovest, si trovò nelle condizioni favorevoli per poter svelare gran parte degli equilibri malavitosi sui quali si reggeva il sistema “democratico” dei partiti storici, lavorando in magnifica sinergia anche se ciascuno si era abbeverato a culture differenti come efficacemente sintetizzò Francesco Cossiga: “Borrelli, è un aristocratico conservatore; D’Ambrosio, un vero comunista; Davigo, un fascista; Colombo, un extra-parlamentare; Di Pietro, un estremista di destra”. Con il loro onesto lavoro provarono a far cambiare verso all’Italia rintuzzando quotidianamente tutti i tentavi di sabotaggio portati dall’interno stesso delle istituzioni addirittura con la fabbricazione di prove fittizie per comprometterli ricorda il dott. Davigo. Troppo dura sarebbe stata la vita in un paese ripulito, furono così gli stessi italiani a decretare nelle urne la fine di quella esperienza esaltante che ridiede speranza a milioni di cittadini comuni, fiducia nelle Istituzioni alle migliaia di esclusi dall’arco costituzionale come chi scrive. Il resto è storia recente e nota. Torniamo ancora per qualche riga alla lotta contro corruzione ed al tema sempre attuale della custodia cautelare: li mettiamo dentro non per il gusto sadico di procurare dolore e farli parlare, ma perché è necessario eliminare il male maggiore così come il medico che non è certo contento di operare qualcuno. Infatti, li scarceriamo quando collaborano perché in questo modo, abbiamo reso inidoneo un soggetto al sistema della corruttela. Lei darebbe ancora dei soldi ad un tipo che poi fa il suo nome? Bisogna comprendere che la corruzione non è una successione episodica, ma un reato seriale di contesto. Non tutti sono liberi di restare onesti, molto spesso si è costretti a corrompersi dalle circostanze di contesto sistemico nel quale si opera...è tutta da leggere questa intervista. Buona settimana a voi lettori di Blogaccio.
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