La Brexit a furor di popolo di Johnson, ha lasciato la signorina UE nuda agli occhi anche degli osservatori più benevoli: assenza di peso internazionale; ripiegamento della propria ragion d’esser sui Trattati di disciplina finanziaria. Fiscal compact; bail in ed in ultimo il Mes, stringeranno ancor più la corda al collo dei malcapitati che resteranno prigionieri nell’eurozona. Se la sovrana non metterà mano a riparare i danni che la casa comune continentale ha già patito in Grecia e finanche in Italia, rischia di crollare l’intero edificio. Prima di proseguire nella strutturazione politica della Unione quindi, bisogna che miss Ue risolva quanto prima i suoi squilibri fin qui sottaciuti: surplus di bilancio tedesco che l’Italia sta pagando a caro prezzo ad esempio, l’esigenza avvertita di una nuova costruzione istituzionale con pari dignità tra i suoi aderenti. Un ridimensionamento necessario che però la Germania fin qui non ha nemmeno preso in considerazione. E’ stato uno dei motivi fondamentali che hanno indotto il dottor Johnson a prescrivere la sola cura che potesse funzionare per il suo paese: la Brexit. Gli inglesi sono mercanti da sempre, hanno avuto un impero, aderirono all’Europa quando quest’ultima era ancora CEE cioé, comunita’ economica libera ed aperta. Vi aderirono a loro vantaggio essenzialmente per fare affari. Sarebbe stato inimmaginabile che Londra, dopo aver vinto due guerre mondiali, finisse per accettare di servire gli interessi tedeschi facendosi dettare da Berlino le regole e gli ordinamenti economici e sociali. Più che nelle campagne del Sussex e del Kent, le ragioni della Brexit andrebbero investigate sulla tratta Berlino-Francoforte-Bruxelles. Altro elemento essenziale di analisi politica della Brexit è la vittoria schiacciante dei conservatori sui laburisti altrimenti detti socialisti in casa nostra. Johnson non è un thatcheriano. Diversamente dalla lady di ferro, Johnson non crede nel potere taumaturgico del mercato. Gli inglesi lo conoscono bene, ha amministrato Londra per due mandati consecutivi riportandola al suo splendore vittoriano. Johnson ha vinto nei collegi operai perché ha saputo conquistarsi la fiducia delle classi lavoratrici finite nella fossa della globalizzazione ed ivi abbandonate dalla sinistra internazionalista. Johnson ha promesso nuove opportunità di lavoro. Potendo stampare moneta, ha in programma di mettere in campo massicci investimenti anche per tacitare le spinte secessioniste interne. Quello di Johnson in Italia lo chiameremmo “conservatorismo del bene comune nazionale”, che buona parte della sinistra plutoglobalista vede come fumo negli occhi perché adombra il suo fallimento storico.
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