Si poteva far finta di pensare che la sovranità limitata dell’Italia fosse circoscritta alla politica estera, ma con l’arrivo di Obama alla Casa Bianca il sentore che il “nuovo inizio” non si fosse limitato alle sole scelte in campo energetico che hanno visto cancellate col sostegno alle primavere arabe le alleanze faticosamente raggiunte con la Libia di Gheddafi e la Russia, pare trovare conferma anche sul piano interno della Giustizia. Pressioni quando non propriamente interferenze, addirittura auspicate da alcuni settori interessati alla riforma della Giustizia penale che sembrano accogliere con favore le iniziative estemporanee del loquace ambasciatore USA John R. Phillips già da tempo impegnato nella promozione di una precisa riforma della giustizia nel nostro paese in senso liberal-progressista. Un’ingerenza sugli ordinamenti legislativi di un paese alleato portata alla luce del sole nel dibattito politico italiano utilizzando non i canali ufficiosi, ma gli strumenti della diplomazia accreditata quasi a voler essere sicuri di centrare l’obiettivo impartendo linee guida dettagliate di indirizzo. Una sorta di traslazione della dottrina Obama che non pago di aver provocato il crollo dei fragili equilibri mediorientali e una guerra senza fine in Siria, sembra mirare anche per l’Italia a disegnare un nuovo assetto istituzionale ed ordinamentale come se vi fosse un’unica ricetta globale a garantire le libertà civili. L’ultima riforma renziana che sta a cuore all’ambasciatore Phillips perché venga approvata prima delle prossime consultazioni politiche, è la riforma della Giustizia inviata al ministro Orlando dalla Commissione di esperti nominata dal Governo nel 2015, guarda caso. Un testo di 108 pagine che rivoluzionano notevolmente l’ordine giudiziario evitando con cura di dettare una separazione delle carriere che però viene di fatto delineata nella sostanza stabilendo la natura gerarchica del pubblico ministero; la responsabilità diretta dei procuratori capo che stabilisce i criteri di assegnazione dei procedimenti; la specializzazione per settori – economico, criminale ecc. ecc. – la cancellazione dei vincoli nei procedimenti di mobilità; la prevedibilità delle sentenze che dovranno essere omogenee per casistica consolidata e non affidate alla discrezionalità del magistrato. Modifiche che per molti versi potrebbero includere una revisione del principio di obbligatorietà dell’azione penale e ricondurre al controllo politico la pubblica accusa come nei sistemi tipici dell’ordinamento anglosassone.
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