Conferenza stampa di fine anno di Mario Monti: fidatevi di me che lavoro e lavoro duro. Quello che dovevamo fare l’abbiamo fatto, per il resto spetta all’Unione Europea risolvere la crisi finanziaria e dei mercati. La manovra è stata severa ma NON abbiamo preso noi l’impegno con l’Europa che ricordiamo è stato firmato dal governo precedente. Dopo gli atti dovuti, sulle misure che vuole, Monti regala solamente “ossi di seppia“, resta sul vago, non illustra alcuna iniziativa, lascia semplicemente intendere che non avendo risorse da investire per la crescita si punterà tutto sulla competizione e la concorrenza dunque di necessità virtù si procederà con le liberalizzazioni. A conferma della crisi profonda nella quale dagli anni novanta è precipitato il sistema politico italiano: le poche riforme portate a termine ed i provvedimenti urgenti antipopolari sono stati assunti sempre da governi cosidetti “tecnici”, cominciò Amato con le manovre da novantamila miliardi di Lire per salvarci dalla bancarotta, proseguì Dini che portò a termine la riforma delle pensioni segnando il cambio di passo dal sistema retributivo divenuto insostenibile al sistema contributivo, senza dimenticare nemmeno il governo Ciampi che s’inventò la concertazione con le forze sociali per superare la crisi del mercato del lavoro. Insomma, se dobbiamo pensare di affidare l’Italia ai partiti in tempi di vacche grasse per dirci democratici ed aspettare che questi ci portino sull’orlo del precipizio prima di correre ai ripari, perché non possiamo immaginare soluzioni rigorose e pratiche che ci facciano superare la partitocrazia ed inventarci un nuovo sistema di rappresentanza più agile ed efficace? Perché leghiamo i partiti con il loro portato conflittuale alla democrazia?
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dopo le rodomontate dannunziane dell’arcorese, la parca montiana asciuttezza del poema di E. Montale. Non c’è che dire, siamo proprio un popolo di poeti.