Tutta la verità, nient’altro che la verità. Non ci sta ad incassare le accuse del duo Tsipras/Varoufakis e passa al contrattacco Juncker, si rivolge alla stampa perchè il popolo greco sia informato sugli accordi negoziali che sono sul tavolo e voti SI domenica prossima al referendum. Il popolo greco deve “conoscere tutti gli elementi del dibattito che abbiamo avuto” con le sue autorità. Le misure proposte e rifiutate “non sono uno stupido pacchetto di austerità”. Naturalmente alcune di queste nel breve termine comportano sacrifici, ma il pacchetto nel suo complesso abbassa gli obiettivi di bilancio e dà più tempo al governo greco per arrivare ad ottenere il successo che auspichiamo. Scende e spiega nel dettaglio Juncker le proposte della Commissione che già ieri aveva pubblicato, in risposta alle accuse che Tsipras aveva lanciate da Atene in TV. Nella premessa parte da lontano Junker, dalla carriera e dalla sua vita dedicata alla causa europea per poi arrivare a replicare alle accuse mosse dalle Autorità greche “alludendo sostanzialmente alla mala fede” quando sottolinea come già altri paesi sono passati per la crisi (Portogallo, Irlanda, Lettonia, Spagna), ed i governi nazionali hanno accettato di implementare responsabilmente le misure restrittive pur di far ripartire la crescita e la competitività. Juncker ha sottolineato come le proposte NON prevedano tagli ai salari, NON prevedano tagli alle pensioni mentre contengono misure per una maggiore equità sociale ed un’amministrazione pubblica più moderna ed efficiente. Si chiede la rimozione degli incentivi ai pensionamenti anticipati in cambio del sostegno ai più vulnerabili con un reddito minimo garantito; si chiedono tagli al bilancio della difesa e la rimozione dei trattamenti fiscali favorevoli agli armatori, una misura di giustizia fiscale quest’ultima, una misura di buon senso mette l’accento Juncker, ma per la quale ha dovuto faticare molto perché il Governo greco l’accettasse. Perché in Grecia la riscossione delle imposte è così povera si è chiesto retoricamente Juncker. La Grecia ha bisogno di un sistema fiscale stabile per promuovere gli investimenti mentre la Commissione si è trovata di fronte al rifiuto del Governo Tsipras di affrontare il tema degli interessi acquisiti e dell’apertura concorrenziale. Le parole di Juncker lasciano quasi intendere come quello greco sia un Governo ideologicamente tarato che non vuole tenere in alcun conto il fatto che tutte le altre 18 democrazie della UE stanno prestando centinaia di miliardi dei loro contribuenti alla Grecia. La situazione è sfuggita di mano un pò a tutti, scriveva stamattina l’economista Alberto Bisin su Repubblica. Il referendum non risolverà in alcun modo il problema della insolvenza. Se vincono i SI il problema si allontanerà solamente un pò nel tempo, ma non saranno certamente i prestiti a scadenza a salvare la Grecia. Se invece vincono i NO, la Grecia sarà gettata in una crisi ancora più profonda perché si ritroverà anche senza aiuti, non resta conclude Bisin, che trattenere il fiato e sperare nella BCE perché riesca ad evitare il contagio. Insomma, non ci sono speranze per Bisin, la Grecia è fallita e l’assistenza finanziaria ne può solamente prolungare l’agonia. La chiave di ogni crisi economica è la produzione, la competitività, la crescita come la chiamano gli economisti contemporanei. Se non hai economia profittevole, non puoi pretendere di vivere d’elemosine. Per quanto riguarda l’Italia, il rischio contagio può essere solamente di tipo psicologico secondo Luigi Zingales: se in tanti corrono agli sportelli, si potrebbe innescare un processo emulativo per cui tutti corrono a salvare i risparmi. In un simile scenario pessimistico, allora dovrà essere la politica ad intervenire e nel caso dell’Italia dovrebbe essere la Germania ad assicurare una linea di credito incondizionato. Nell’eventualità staremmo freschi, abbiamo avuto modo di conoscere i nostri polli europei nel corso di questi ultimi quindici anni…
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