In Europa comando io, la Merkel non ci sta che la Cina aiuti la Grecia

L’importanza di una nazione nel mondo è determinata dalla sua capacità economica, dalla sua forza militare e dal livello di civiltà raggiunto dalla sua società. Parla degli Stati Uniti Angela Merkel, che ancora considera potenza mondiale, ma pensa anche al ruolo guida che la Germania esercita in Europa in quanto potenza economica globale, campione nelle esportazioni spinte dall’euro più debole del vecchio marco e dai livelli salariali dei mini “jobs” che rendono competitive le sue merci. Un surplus della bilancia commerciale che resta intonso in virtù delle regole di bilancio dettate alla UE e che annualmente si accumula piuttosto che essere redistribuito agli altri paesi della Unione sotto forma di investimenti e maggiori consumi. Europa e globalizzazione sono i migliori mondi possibili per la Merkel, i pilatri delle fortune tedesche. Non ha difficoltà a confessarlo, Angela: per la Germania la globalizzazione è una opportunità dalla quale tutti escono vincitori; per l’Amministrazione Trump, la globalizzazione è un’arena dalla quale escono vincitori e vinti. L’America non crede alla comunità globale; non crede che dalla collaborazione internazionale ciascuno possa trarre i suoi vantaggi. Le conseguenze di questo mutato scenario sono che l’Europa dovrà imparare a far da sola. Merkel che conferma di star pensando di appaltare a privati un servizio di informazione comune europeo, si dice favorevole alla proposta Macron di un ministro delle finanze europeo che governi la politica economica continentale per rafforzare la moneta unica. A stare alle intenzioni di Angela, non si prospetta nulla di buono per l’Italia nella gabbia dell’euromarco. Basti guardare che cosa è accaduto alla Grecia, messa in ginocchio dalla austerità. La Germania ha più volte rigettata la proposta del Fondo Monetario Internazionale di cancellare quote importanti del debito greco ed ha preteso che fossero gli altri Stati della Unione, segnatamente l’Italia per 60 mld, ad accollarsi il debito greco in mano alle banche tedesche a fronte di tagli così ingenti da procurare il dimezzamento del PIL greco. Oggi che la Grecia ha aperto agli investimenti cinesi dopo aver registrato l’assoluto disinteresse della Unione Europea per le sue condizioni economiche, i tedeschi rimproverano la stessa Cina di violare le regole della concorrenza europee, questo perché si sono avveduti che gli investimenti infrastrutturali cinesi nel Pireo, stanno mettendo a dura prova i porti di Amburgo e Rotterdam, sottraendo loro quote di traffico e di mercato importanti. Della Germania, che servendosi dello strumento Europeo ha saputo costruire un rigido sistema di regole a suo vantaggio con il quale esercita una reale e concreta egemonia continentale, si è occupato anche l’autorevole Economist. L’autorevole giornale economico internazionale sottolinea come nel 2016 la Germania abbia accumulato un surplus commerciale di 300 miliardi dollari superiore addirittura a quello della Cina che si è fermato a 200 miliardi di dollari. I numeri non temono smentite. La Germania, sottolinea l’Economist, vende molto, rispamia tanto e spende pochissimo di quello che incassa sia in termini di spesa pubblica, sia in termini di consumi interni e quindi di importazioni. La competitività globale di cui tanto mena vanto il cancelliere Merkel ed il suo ministro diversamente abile Schauble, si regge sui bassi salari che hanno costretto a mantenere a “stecchetto” i lavoratori tutti nel resto d’Europa.

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