L’invidia maschile per la misteriosa trascendenza femminile che eleva la donna alla condizione di genitrice esclusiva della vita, può spiegare anche sotto il profilo antropologico, le pratiche di asservimento esercitate dall’uomo nel tentativo di ricondurre sotto il suo controllo questa straordinaria e magica dote di cui la donna dispone. Ai nostri, che si vogliono tempi moderni, si è invece lasciato credere che quella fosse uno stato di diseguaglianza inaccettabile piuttosto che un vero e proprio talento di genere. Quasi una ingiusta mortificazione da alienare per poter trovare una via di emancipazione percorribile: la ricerca dell’affermazione personale ispirata a modelli emulativi di progressiva mascolinizzazione della donna che poi l’avrebbero condotta ad assumere ruoli sociali di vertice. Posizioni che in ultima analisi si sono rivelate sterili, prive di poteri di controllo reali dell’io, perché appiattite su archetipi maschili. La sovrapposizione femminile ha indotto la parallela svirilizzazione del maschio e la nascita univoca di un individuo neutro, diviso tra lavoro e diletto irresponsabile. Paradossalmente un prodotto di successo di quello stesso mercato di cui tante femministe si professavano acerrime nemiche. Azzerata ogni differenza con il maschio, la donna ha pensato di poter trovare la strada della piena realizzazione sacrificando il suo tempo attivo sull’altare del lavoro. L’aborto e più ancora gli anticoncezionali sono stati gli strumenti fondamentali per immolare la maternità ai demoni del denaro e del potere. Non è quindi un caso se le società del cosiddetto mondo avanzato sono quelle più socialmente in crisi e destinate alla estinzione. Società nelle quali la donna spende le sue energie migliori per soffocare la madre e scimmiottare il maschio. Scoprirà poi alle soglie della maturità, che l’aver azzerato le differenze le ha solamente regalato una effimera felicità dalla quale la libertà non avrà tratto alcun giovamento. Il corso della storia ci ha testimoniato che ad ogni rivoluzione segue una reazione di recupero dell’ordine delle cose. Ecco, al tempo del politicamente inappuntabile, ci piace segnalarvi un libro che di appunti alle donne ne mette in fila tanti ed a giusta ragione. Le giovani non li comprenderanno, le vecchie forse faranno bene a studiarlo per non sottrarsi almeno all’ultimo dei doveri: testimoniare la memoria degli errori nei quali è bene non incorrere se si vuole vivere una vita piena di gioie ed attraversare l’esperienza necessaria del dolore, propria dell’uomo. Lucetta Scaraffia, la fine della madre. Neri Pozza editore.
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