Oggi, 9 maggio 2021 cade il LXXI genetliaco dell’Europa. Sono ben quattro quindi, le generazioni indottrinate dal mito dell’unità europea. Unità evocata nell’immaginario dei giovani che si sono succeduti sui banchi di scuola, ma che non si è ancora tradotta in termini reali, concreti, di popoli che abbracciano un comune destino. Gli Stati continuano a sottrarsi a quelle che spesso le genti che li popolano, avvertono come obblighi e precetti incomprensibili quando non violenti; lontani dal sentire di costumi e tradizioni locali sedimentate in molte circostanze, da una ritualità della consuetudine divenuta parte imprescindibile di una civiltà che ha saputo trovare anche nel sangue delle lotte e delle battaglie, la dritta via per la propria emancipazione e crescita. Nulla, ci è stato regalato. Alcuna delle conquiste ci sono state rese a gratis come viceversa la UE impone di donare a chicchessia. La storia ha i suoi tempi ed i suoi percorsi che i popoli affrontano con fatica e maturità al fine di civilizzarsi. Ogni altra architettura fantastica che si sovrappone ai processi naturali di sviluppo e mutazione, è destinata miseramente a franare perché non sorretta da fondamenta radicate nelle viscere, ma costruita su proiezioni sublimi che non reggono l’usura della pratica quotidiana. Sembra per fortuna, che qualcuno comincia a prendere atto che così come concepita, tre metri sopra il cielo di Berlino, questa UE sia un progetto artificiale. Un Ogm sfuggito al laboratorio dei popoli. Uno strumento regolatorio che si vuole contrabbandare come ispirato a principi universali alti e nobili, ma che molto più volgarmente, si servono le aspirazioni egomoniche storicamente operanti nel continente, per meglio curare gli interessi nazionali frustrati.
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