Letta conserva in cassaforte il Decreto per chiudere la borsa

Letta inorriditoCade il 5 agosto il centesimo giorno del governo Letta a due anni esatti dalla ormai nota lettera con la quale la BCE, dopo aver comprato 160 mld di debito pubblico italiano, dettava le riforme da mettere in atto per evitare il fallimento e rilanciare l’economia. Ad eccezione della riforma delle pensioni, non si è fatto nulla altro in questi ultimi 24 mesi, inalterati restano i motivi che portarono al governo Monti e che giustificano il suo proseguimento nel governo Letta. La linea Maginot delle contestatissime larghe intese è stata ribadita dalla lettera pubblica di risposta con la quale Napolitano argomenta a Bertinotti le ragioni del suo interventismo. Ieri però ha aggiunto qualcosa in più il direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli, rivela infatti tra le righe un inedito retroscena che ci dà il segno della gravità con la quale dobbiamo fare ancora i conti soprattutto dopo l’abbassamento del grado di affidabilità finanziaria operato dalle agenzie di rating assegnando all’Italia la tripla BBB cioè, a due passi appena dall’insolvenza che automaticamente impedisce agli investitori internazionali di farci credito: Letta mantiene sottochiave in cassaforte il Decreto di chiusura della borsa scritto da Monti con l’avallo della Banca d’Italia nel novembre 2011 per congelare in caso di emergenza speculativa, i mercati finanziari rinunciando all’emissione di titoli. Un’eventualità catastrofica che schiuderebbe all’Italia uno scenario greco con la consegna della sovranità nelle grinfie del FMI. Per farla breve e meglio intenderci: siccome con la raccolta delle tasse copriamo meno della metà del fabbisogno, non potendo autofinanziarci sul mercato con l’acquisto di capitali che diverrebbero troppo onerosi (spread), ci resterebbe solamente la Troika a cui chiedere soccorso e come ogni cravattaro che si rispetti, questa non sente ragioni: pretende tagli alle spese per garantirsi la restituzione del credito. Senza scampo sanità, pubblico impiego, salari e pensioni subirebbero tagli forzosi cui la società italiana reduce da decenni di scialacquamenti, NON è assolutamente preparata ed allora, le profezie di disordini e sommosse pronunciate da Casaleggio, non sarebbero così peregrine. Infatti, pochi si sono azzardati a smentirlo perché il rischio del verosimile nelle sue parole è fondato:

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