Messi a nudo sul banco degli imputati con l’accusa di essere la causa prima del mancato sviluppo del mezzogiorno d’Italia, i politici dell’assistenzialismo clientelare a destra come a sinistra reagiscono in malomodo e scompostamente portando infondate accuse personali all’analisi storico-economica-culturale che il ministro per la coesione nazionale Carlo Trigilia ha illustrato al convegno “L’Economia reale nel Mezzogiorno“: è solo un accademico prova a sminuire Vendola, il sofista della politica che si è sentito chiamato in causa personalmente evidentemente. Le parole però, per quanto “poetiche”, NON possono bastare a spiegare l’enigma del mezzogiorno: nonostante i trasferimenti di risorse dal governo centrale agli enti locali, dopo 60 anni di aiuti il sud produce ancora meno di un quarto del reddito nazionale ed il suo sviluppo resta malfermo sulle gambe non autonome di una economia sostanzialmente assistita e protetta. I consumi però reggono prosegue Trigilia, sostenuti dall’economie sommerse e criminali. Quindi non è la carenza di trasferimenti perequativi a determinare il permanere del divario tra nord e sud quanto due ordini di fattori: la pessima selezione delle classi dirigenti e la conseguente cattiva allocazione delle risorse. Le due dinamiche sono strettamente interconnesse puntualizza Trigilia e come dargli torto? Solamente chi NON vuol vedere può negare una realtà che trova conferma in numerosi studi di ricerca scientifica. Scendendo più nel dettaglio, Trigilia contesta alle popolazioni del sud l’assenza di cultura civica che orienta il consenso in direzione di una politica minore abile a moltiplicare i favori verso gruppi piuttosto che risolvere i problemi collettivi e creare le condizioni favorevoli al mercato ed agli investimenti. La redistribuzione pertanto è guidata dalle clientele anziché dagli interessi generali, per cui la spesa pubblica pur ingente, non restituisce i risultati attesi e resta priva di efficacia. Con grande onestà intellettuale, Trigilia sottolinea che dalla politica locale delle clientele trae vantaggi anche la politica nazionale in termini immediati di consenso: investire la spesa su obiettivi generali di lungo periodo utili a far decollare definitivamente un’economia asfittica come quella del mezzogiorno, non produrrebe gli stessi effetti in termini di consenso elettorale e quindi, il corollario che ne deriva vede nella responsabilità della politica oltre che nella subcultura delle genti meridionali, la spiegazione dell’enigma mezzogiorno. D’altronde, ci basti pensare alla ex DDR: sono risultati sufficienti meno di venti anni di trasferimenti di risorse da Ovest ad Est per riallineare le due economie. Il punto è che l’ispirazione delle politiche in Germania focalizza il benessere generale, in Italia è segnata culturalmente invece dal “particulare” di guicciardiniana memoria. Non resta però sul piano “teorico,” l’analisi di Trigilia propone strumenti concreti per invertire la rotta procurando ulteriori inevitabili “dolori e malcontenti” alla classe dirigente meridionale: vincoli e controlli sempre più stringenti alle autonomie locali e sanzioni pesanti quali la rimozione e l’incandidabilità per i “signorotti” delle clientele che non raggiungono i risultati attesi dall’impiego di risorse pubbliche. Avete compreso perché il professore ha suscitata così tanta indignazione? Tenetela bene a mente cari giovani scolarizzati del sud la lezione quando andrete a votare prossimamente per le europee e le politiche, ne và del nostro futuro che non può essere ridotto alla rivendicazione dei diritti, ma deve contemplare soprattutto i “doveri” civici cui siamo chiamati tutti indistintamente.
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