Minniti e la sinistra che non è in natura

La sinistra esiste in natura, ama ripetere Bersani. Come a voler far credere che la sinistra non è la proiezione dell’immaginario nel mondo del reale, ma è quella idea che riflette l’ordine stesso della natura se non fosse intervenuta la mano dell’uomo a turbarlo. A prendere per buone le parole di Bersani, se ne può ricavare che la natura avrebbe compreso nel suo disegno imperscrutabile, lo spostamento di circa duecento milioni di persone dal continente africano alla penisola italiana dove ai malcapitati fratelli più fortunati, toccherà moltiplicare i pani ed i pesci necessari al loro sostentamento e spetterà, in nome dell’uguaglianza tra gli uomini, di compiere ogni sforzo per metterli a loro agio fino al completo annichilimento di tutti i tratti distintivi di una antica civiltà, quella greco-latina, che ha saputo avanzare nella storia fino a divenire essa medesima, presente storico. Rimasta orfana della classe operaia all’indomani del fallimento del sistema di socialismo reale posto in essere dal blocco sovietico, la sinistra non è stata più in grado di formulare una ipotesi plausibile di società ed ha afferrato di volta in volta la rappresentanza di ogni forma di disagio e disperazione pur di trovare nuove bandiere da garrire. Privata delle masse che si sono fatte borghesia nel frattempo, la sinistra si è votata a perseguire i sogni che gli venivano a portata di mano dalle minoranze, dagli omosessuali, dagli eutanasici, dai migranti abbagliati dalla luce della cometa europea del benessere a buon mercato che splende sugli schermi tablet e cellulari satellitari a diffusione di massa nel continente africano, complice anche l’arrivo di massicci investimenti cinesi. In Italia, più che negli altri paesi europei, la crisi della sinistra è diventata particolarmente acuta perché essa si pone un orizzonte tanto largo e lungo da avere la pretesa di possedere le soluzioni finali a tutti i guasti di questo mondo. Se infatti in Spagna, in Francia, in Germania i socialisti non si arrischiano di confondere i destini degli spagnoli, dei francesi, dei tedeschi con quelli del mondo intero, in Italia per mano dei sinistri, il destino degli italiani passa in second’ordine assumendo decisioni che nemmeno l’ ONU si sognerebbe di deliberare come quella di firmare accordi perché navi di mezzo mondo arrivassero nel Mediterraneo a raccogliere il sogno africano da realizzare in esclusiva sulle coste della nostra piccola penisola. Se si vuole comprendere come vive ed affronta i problemi la sinistra italiana, basta fare un breve passo a ritroso quando la necessità di emigrare affliggeva le famiglie italiane. In quegli anni la sinistra vedeva nel fenomeno una patologia della nostra società capitalista e chiedeva che fosse bloccato. Oggi, a distanza di qualche decennio, la sinistra si batte con ogni mezzo perché al contrario il fenomeno migratorio sia favorito ed addirittura rinvigorito dall’impegno di navi finanziate non si sa ancora bene da chi, come se l’Italia avesse tali e tante possibilità da potersi permettere di catalizzare le miserie dell’umanità intera e divenire una sorta di nuova terra promessa. Nella sua utopia sinistra, il pensiero progressista italiano ha confuso la politica con l’estetica e gettato nel Mediterraneo una vera e propria rete dei diritti a strascico il cui rispetto rigoroso della lettera esige dal solo popolo italiano tanto da rischiare di trasformarlo in quello che mai è stato nella sua millenaria storia, un popolo razzista per esasperazione. Rinchiusa nella sua bolla ideologica sospesa tra sogno e realtà, la sinistra italiana è anche la sola che in Europa non si cura delle conseguenze delle sue scelte quando queste si riverberano nel profondo del tessuto sociale, in ciò mostrando tutti i limiti di praticabilità di un disegno universalista immaginato purchessia, se è vero che anche la Chiesa di Francesco in tema di immigrazione indiscriminata si è vista costretta a fare un bagno di umiltà e possiamo solo immaginare quanto sia stato difficile il mea culpa delle Eminenze Vaticane,  travolte dai numeri che di miracoli non ne fanno, come è noto. Perso il contatto con il popolo in carne ed ossa, la sinistra apolide di casa nostra si è però ritrovata unanime nel colpevolizzare Minniti, un tipo d’uomo che si pensa possa essere stato indotto da un trauma infantile ad iscriversi al PCI. Le colpe di Minniti sarebbero quelle di aver aggirato la fitta rete dei diritti a strascico sciaguratamente calata nel Mediterraneo sull’esempio di quanto ha già fatto la Germania con la Turchia. Non si è inventato nulla di nuovo dunque Minniti, ma pur di mostrarsi corretta agli occhi del mondo, la sinistra apolide di casa nostra preferisce lasciarci irretiti da Trattati, Convenzioni, Corti, Commissioni, accordi, norme, regolamenti di cui la Francia ad esempio, se ne sbatte al confine di Ventimiglia; così come l’Austria al Brennero per non parlare della Spagna che paga il Marocco perché manganelli per procura i migranti che si azzardano a traversare il breve tratto di mare piatto che lo separa dalla penisola iberica. Se gli italiani dovessero impietosirsi nuovamente nelle urne di primavera e la sinistra in un modo od in un altro dovesse riuscire a restare al Governo nonostante le sofferenze inflitte nel corso di cinque lunghi anni, siamo certi che Minniti sarà fatto fuori politicamente; non riuscirà mai a resistere all’assalto delle brigate terzomondiste che scendono minacciose dalle colonne dei giornali, dalle TV e dai social news. Allora saranno dolori seri per noi. Speriamo almeno di conservare la possibilità di lamentarci. In Venezuela purtroppo, non è più consentito ed anche da noi i Fiano e le Boldrini, non si sa dove andranno a parare.

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