Due condannati di cui uno con sentenza confermata in appello, sono stati reintegrati in consiglio Regionale per Decreto da Berlusconi dopo essere stati sospesi. Non s’annuncia nulla di Buono per Napoli che si appresta ad andare al voto amministrativo. Nel solco della “tradizione” sembra che a prevalere saranno le solite clientele, quelle che condizionano il voto agli affari ed ai favori rimuovendo l’interesse generale dalle prospettive della politica.
S’accredita con questo reintegro una sorta di relativismo morale, di pensiero debole nel quale le dinamiche della vita pubblica sono in balia dei poteri reali sul campo piuttosto che del libero giudizio e convincimento degli elettori. Non trova poi alcun appiglio l’idea che l’ordine giudiziario non possa rimettere sui binari della corretezza e della legalità l’espressione di una volontà popolare che appare sempre più condizionata dal baratto storico tra diritti e consenso.
Il meridione non riesce ad uscire da questo schema e rinunciando a selezionare la sua classe dirigente per le fragilità del suo tessuto sociale si rende due volte complice: della propria condizione economica e della mancata emancipazione culturale che lo rendeno allo stesso tempo vittima e programmatore di un destino irrimediabilmente ed immutabilmente subalterno.
In Campania come nel meridione tutto, la politica nazionale preferendo di assumere quali referenti i maggiorenti della borghesia affaristico criminale che detiene le chiavi aggregative del consenso, rinuncia ad assolvere i suoi compiti garantendosi un bacino elettorale di voti che in condizioni di normalità sarebbe arduo conquistare se non al prezzo di trattiva e mediazione così come accade con la Lega al Nord. Ma ciò che rimane più sconcertante è l’assenza di un sommevimento delle coscienze che dovrebbero dopo 150 anni essere mature e che invece si rivelano legate ancora alla rassegnazione ed all’apatia di cui bisogna con chiarezza denunciare: i governi che si sono succeduti, ne hanno fatto buon gioco.
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