Merkel, i padroni della rete alimentano il ribellismo che minaccia la democrazia

Quell’1% della popolazione del pianeta che controlla la metà della ricchezza mondiale è rappresentato a Davos, un circolo eslusivo, l’equivalente di una rete sociale tra uomini d’affari, imprese globali, politici ed intellettuali del pensiero perbenista, per così dire. Sono tremila in tutto i soggetti che partecipano al congresso economico mondiale fondato da Klaus Schwab, in termini numerici vale a significare lo 0,0001% della popolazione cui fanno di fatto capo indirizzi e decisioni che incidono direttamente sulla vita e nelle carni di 7 miliardi di persone che popolano l’intero pianeta. Quanto più diventa restrittivo l’accesso a questo circolo di ricconi, tanto maggiore è la domanda di partecipazione per entrare in contatti privilegiati con Google ad esempio, l’immancabile Goldman Sachs, Thomson, Reuter, Bloomberg, fondo sovrano del Qatar, NYT, Alibaba per citarne solo alcuni. Il rammarico di Prodi è che a Davos la strana coppia formata dal giovane Macron e dalla matura Merkel, diversamente da Trump, è arrivata senza idee in grado di proporre una correzione ai guasti del sistema economico globale, sostanzialemente anarchico e privo di regole minime valide per tutti i suoi attori. Il futuro ha una sola certezza: le tecnologie delle reti intelligenti che hanno rivoluzionato il commercio e cambiato le stesse abitudini dei consumatori, continueranno a distruggere posti di lavoro ed a ridimensionare i salari. Di pari passo allo sviluppo dei più sofisticati processi di automazione, registreremo una offerta riservata di nuove opportunità di impiego ad un numero sempre più ridotto di specialisti. La Merkel ha compreso che il nuovo petrolio della economia sono i “big data”, cioè la grande massa di informazioni aggregate raccolta dai padroni delle reti universali ed ha riconosciuto che questo fenomeno costituisce un grave rischio perché alimenta il ribellismo degli esclusi e minaccia da vicino la tenuta democratica dei paesi. Il punto cruciale però è che Continua a leggere

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Blangiando, gli intelligentoni hanno svuotato le culle per farci espiare le colpe del fascismo

Pensare di compensare il grave calo demografico con l’arrivo massivo di immigranti è una scemenza. Per non sparire dobbiamo evitare che i flussi in arrivo raggiungano numeri tali da rendere impossibile l’integrazione. A chiarire i termini della questione demografica è il professore Gian Carlo Blangiardo, vice direttore del Dipartimento di Statistica e metodi quantitivi dell’Università di Milano Bicocca. Tra i massimi esperti italiani in tema di demografia. Autore di numerose pubblicazioni, il professore Blangiardo ha illustrato il patto per la natalità, proposta del forum per le famiglie a tutti i partiti che si candidano alla guida del paese nelle prossime elezioni politiche. A porre il problema in termini ultimativi sono gli stessi numeri della statistica che stanno per raggiungere limiti prossimi a quelli di un fenomeno irreversibile. I Governi devono quindi assumere e finanziarie in via prioritaria e continuativa nuovi efficaci interventi di sostegno alle nascite. Due le cause concomitanti individuate dal professore Blangiardo, che hanno determinato uno sbilancio pericoloso per la tenuta dell’equilibrio tra nascite e morti in Italia. La prima è sicuramente l’attenzione che concediamo al tenore di vita, in sostanza, quella che altrimenti abbiamo chiamata imborghesimento generalizzato della società italiana e che ha sollevato anche in queste pagine, le reazioni indignate di alcune simpatiche lettrici. I nostri nonni in gran parte contadini ed operai, erano poveri, eppure mettevano al mondo molti figli rispondendo unicamente ai bisogni naturali di prosecuzione della specie. Dove mangiano in tre, avrebbero mangiato anche in quattro era questo il meccanismo istintuale che spingeva ad includere nella solidarietà familiare, l’annuncio di ogni nuovo arrivo. Non si badava alle risorse che questo avrebbe sottratto al gruppo per le necessità della sua crescita anzi, una famiglia numerosa era motivo ispiratore di speranza e fiducia nel futuro. Si divideva tra tutti il poco ed al diavolo la cura di sé, le comodità della vita moderna e la soddisfazione delle voluttà soggettive. Desideri che tutto sommato potremmo chiamare anche vizi, a ben vedere. La seconda e non meno importante causa concorrente del calo demografico si direbbe di ordine squisitamente politico. Sono stati infatti, secondo il coraggioso (visti i tempi che corrono), professore Blangiardo, gli “intelligentoni” del pensiero progessista, gli illuminati dell’arco democratico a scegliere di trascurare le politiche demografiche per la semplice ragione che il fascismo ne aveva fatto un pilastro del suo modello disciplinato di società di massa. Posto che il numero è potenza, come diceva qualcuno, i sapientoni degli anni ’70 hanno pensato che la potenza andava depotenziata anche a costo di rischiare la morte definitiva delle generazioni. Sono anche questi i motivi per i quali ci ritroviamo tanti Continua a leggere

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nel trasformismo la riserva del parlamentarismo, dopo il 4 marzo un governo qualunque ci sarà, assicura Verdini

Non siamo la Spagna e nemmeno la Germania che dal 24 settembre 2017 ancora attende la formazione di un nuovo Governo. Il parlamentarismo italiano, fortuna sua, mantiene sempre una carta di riserva che in caso di stallo è pronta a tirare fuori dal mazzo per calarla sul tavolo delle maggioranze combinate: il trasformismo. Denis Verdini ed i suoi gruppi di responsabili che dal 2010 assicurano un Governo alla Repubblica con transumanze da destra a sinistra e ritorno indifferentemente, rassicura tutti: dopo il 4 marzo, quale che siano i numeri in Parlamento, comunque avremo un Governo. Evviva. Possiamo stare tranquilli, la nostra è una democrazia matura. Basta fare numero ed il popolo ridiventa sovrano. Se poi nascono Governi conservatori con voti carpiti all’elettorato di sinistra o viceversa, Governi progressisti con voti sottratti all’elettorato destrorso, poco importa. Francia o Spagna, purché se magna. Stiamo qui a ben guardarci dal rischio di voler apprezzare il vincolo di mandato. Sacrosanta a nostro avviso è la libertà di opinione degli eletti quando matura dal discernimento, ma il punto è proprio questo: poter scegliere a rappresentarci in Parlamento gente libera che abbia delle opinioni; gente che abbia idee e proponga soluzioni percorribili. Mentre invece con le liste bloccate ci ritroviamo in ogni schieramento degli ibridi funzionali a raggiungere un quorum qualunque, purché il sistema di poteri si perpetui e non abbia a compiere scelte di cambiamenti che non siano la risultante di negoziazioni opache quanto truffaldine, ma piuttosto l’applicazione esecutiva di una programmazione sottoposta al vaglio degli elettori, sia pure suscettibile delle eventuali smussature e contemperazione che i casi e le opportunità spesso richiedono. Ancora una volta invece, il sottobosco degli interessi si è messo al lavoro e lo dichiara addirittura spavaldo: il 4 marzo impugnerà il Parlamento in beffa del popolo sovrano perché a prescindere dal verdetto delle urne, si abbia a fare una politica che non trova riscontro nella maggioranza delle opinioni pubbliche, ma sia stata determinata ed ottenuta da una delle minoranze migliore offerente. Poi non veniteci a raccontare che la democrazia è minacciata, siete voi che la Continua a leggere

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non me la son sentita di fare figli, una bella icona di questa Italia arida e imborghesita

Bella, bellissima, perfette linee forti di forme sinuose, terminali bruni di materne labbra; zigomi pronunciati, naso profilato ed occhi grandi come nere olive dal riconosciuto sguardo antico. Fermi ad ammirarla, il cuore ci riporta alla mente il disegno di quella terra nota che consapevoli partorimmo e che sapemmo amare un tempo. Stanca di malinconia oggi quella che fu terra feconda, si procura matrigne ferite, disponendosi ad abbandonare nel vuoto di un mondo indistinto l’anima di noi tutti. Icona di bellezza irraggiungibile, la nostra Italia che pure fu grande proletaria, ha scelto di rimanere zitella; ha scartato l’amore e si è lasciata sedurre dalla ricchezza preferendo gli agi della vita comoda al sudore dell’attesa. Ripudiare il sacrificio, alienare la fatica, il verbo delle libertà si è impadronito del nostro essere. Nell’ultimo trentennio le illusioni borghesi hanno esercitato una egemonia pervasiva tale da dirottare le scelte soggettive di quelle che chiamavamo masse, verso mondi effimeri, spenti, privati di futuro. Mondi di morte sicura dove ogni prosecuzione è stata proditoriamente impedita dal varco di soglie morali che i progressisti hanno abilmente saputo contrabbandare per libertà civili. Danni irreparabili arrecati al corpo sociale della nostra Italia che nemmeno i peggiori dittatori avrebbero potuto immaginare possibili. Scelte corrotte dal privilegio di vivere per sé un tempo breve e finito, che non contempla la generosità e la dedizione e che ha per miope obiettivo quello di condannare il nostro popolo e la nostra civiltà ad essere sostituiti da quanti hanno avuto la fortuna, senza nemmeno saperlo, di restare lontani dal progresso e più vicini allo stato di natura. Felici di fare figli in Continua a leggere

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Jerusalem embassy act, Trump capace di trasformare Francesco in un conservatore

Fu Bill Clinton nel 1995 a promulgare il Jerusalem embassy act, con il quale gli Stati Uniti d’America riconoscevano Gerusalemme capitale dello Stato di Israele ed assumevano l’impegno di trasferirvi la propria rappresentanza diplomatica. Eppure è bastato solamente un annuncio a Donald Trump, per ritrovarsi contro la totalità dei mezzi di disinformazione che oramai decidono autonomamente l’agenda globale dei preferiti alla quale si allinea la cosiddetta comunità internazionale con in testa la pletora di Organizzazioni impegnate nell’osservare inermi ed assecondare compiaciute, l’ordine mondiale dettato dalla forza prepotente del terrorismo liberticida. Fatta eccezione per le Filippine e la Repubblica Ceca che si sono naturalmente unite ad Israele, tra i contendenti in campo la sola forza democratica in grado di assicurare il rispetto e l’esercizio dei diritti dei Credi che rivendicano Gerusalemme come luogo Sacro di iniziazione e di Fede, Trump li ha tutti contro, compreso la Russia di Putin. La forza della sua repentina decisione di rompere ogni ipocrita indugio e dare il via alla soluzione dei problemi incancreniti del medio oriente, è stata così dirompente da riuscire a trasformare in un perfetto conservatore dello status quo Francesco, il campione riconosciuto per antonomasia delle moderne rivoluzioni dottrinarie. Sentirsi rassicurati che la culla di Cristo resti ostaggio di hamas piuttosto che sia mantenuta libera e custodita in sicurezza dai fratelli maggiori israeliti, resta un mistero della fede. Una sorta di miracolo moderno a cui è impedita la comprensione dei comuni mortali. Comunque, pare che gli animi si stiano calmando dopo le prime sassaiole a comando, frustrati anche dal vedere i razzi disinnescati in volo da iron dome, il sistema quasi infallibile che intercetta i missili iraniani Qassam sparati da Hamas e dagli Hezbollah appostati nel sud del Libano. Spente le luci  della ribalta, Trump ha firmato un altro decreto di rinvio. Quelli che si guardano l’ombelico allora hanno spostato l’attenzione chiedendosi impauriti se l’Italia avesse seguito l’alleato americano e gettato le premesse per spostare la sua legazione da Tel Aviv a Gerusalemme quasi che ai Continua a leggere

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Dormire con Gentiloni o tagliare le tasse infischiandosene dell’Europa M&M

Dalla borghesia intellettuale, agli industriali, alla finanza, sono tutti in allarme. Fascisti, grillini e Lega sono impazienti di raccogliere nelle urne il giudizio degli italiani, che invece spaventa tutti coloro che hanno rendite e posizioni di sfruttamento da tutelare. I detentori dei poteri reali sono alacremente impegnati ad appuntare, argomentare, mettere in guardia dai pericoli che correrebbe la democrazia e dalla catastrofe economica nella quale l’Italia potrebbe incorrere se al Governo giungessero le forze di alternativa a questa Europa mondialista appiccicata insieme dal collante monetario. Dopo la Brexit e Trump, si è messo anche il crollo del muro della stabilità tedesca ad aggravare le preoccupazioni, a conferma che le minacce concrete agli apparati dei poteri rassicuranti costituiti all’ombra delle grandi organizzazioni sovranazionali, arrivano proprio dalle urne. La democrazia non ha più religione. E’ evidente. De Benedetti prova a farsi coraggio. Deluso da Scalfari sorpreso ad amoreggiare con Di Maio; scosso dall’isterismo di Renzi; caduto nel ridicolo Dalema e con un Berlusconi che ripete le stesse cose da ventitre anni come un Portobello sul trespolo, l’ingegnere punta le sue fiches su Gentiloni, la forza tranquilla che più di tutti gli altri lo farebbe sentire al riparo dal freddo che sta per arrivare sul vecchio continente al tramonto dell’era Merkel. Popolo od élite brussellesi, alle prossime elezioni si deciderà se mettere l’Italia nelle mani della premiata ditta M&M (Merkel e Macron), o ritrovare un destino da protagonisti al quale per altro l’UE ci ha già da tempo abbandonati, lasciandoci protagonisti unici alle prese coi migranti e con un debito che non ha la benché minima intenzione di mutualizzare. Difficile darla a bere agli elettori spiegando loro che fuori di questa Europa non c’è vita se fino ad ora che siamo ancora dentro,  ne abbiamo ricevuto in cambio solamente problemi, fallimenti, divieti e rampogne. L’Europa di Bruxelles ci ha intrappolati in un reticolo di vincoli e principi inderogabili dal quale venire fuori sembra impossibile senza pagare lo scotto di una dolorosa e profonda ferita da mutazione innanzitutto culturale, poi sociale ed economica. E non parliamo solamente di immigrazione, problema per il quale l’Europa dapprima richiama tutti i paesi membri ai più alti principi di civiltà, poi pretende di risolvere facendo del nostro territorio il centro di raccolta continentale, consapevole che per tutta una serie di motivi, non ultimi anche di carattere storico, siamo il ventre molle sul quale poter agilmente impiantare ogni idea sperimentale programmata a tavolino: dai governi fantoccio eterodiretti dalle istituzioni monetarie internazionali, alle sostituzioni di genti e tradizioni pena la minaccia di razzismo ad ogni cenno di contestazione. Prendiamo ad esempio la vasta riforma fiscale che salverà Trump e l’America. A restare dentro l’Europa a trazione finanziaria, sarebbe impossibile sia farla in deficit come ipotizza il ganassa, sia immaginando di poter tagliare la spesa per investire in un reddito universale come sognano i grillini. Infischiandosene delle regolamentazioni europee, una strada per Continua a leggere

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La fine della madre e la mascolinizzazione progressiva della donna

L’invidia maschile per la misteriosa trascendenza femminile che eleva la donna alla condizione di genitrice esclusiva della vita, può spiegare anche sotto il profilo antropologico, le pratiche di asservimento esercitate dall’uomo nel tentativo di ricondurre sotto il suo controllo questa straordinaria e magica dote di cui la donna dispone. Ai nostri, che si vogliono tempi moderni, si è invece lasciato credere che quella fosse uno stato di diseguaglianza inaccettabile piuttosto che un vero e proprio talento di genere. Quasi una ingiusta mortificazione  da alienare per poter trovare una via di emancipazione percorribile: la ricerca dell’affermazione personale ispirata a modelli emulativi di progressiva mascolinizzazione della donna che poi l’avrebbero condotta ad assumere ruoli sociali di vertice. Posizioni che in ultima analisi si sono rivelate sterili, prive di poteri di controllo reali dell’io, perché appiattite su archetipi maschili. La sovrapposizione femminile ha indotto la parallela svirilizzazione del maschio e la nascita univoca di un individuo neutro, diviso tra lavoro e diletto irresponsabile. Paradossalmente un prodotto di successo di quello stesso mercato di cui tante femministe si professavano acerrime nemiche. Azzerata ogni differenza con il maschio, la donna ha pensato di poter trovare la strada della piena realizzazione sacrificando il suo tempo attivo sull’altare del lavoro. L’aborto e più ancora gli anticoncezionali sono stati gli strumenti fondamentali per immolare la maternità ai demoni del denaro e del potere. Non è quindi un caso se le Continua a leggere

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le democrazie sono cadute in letargia, oggi Cina e Russia scrivono la storia

La storia non è finita, ma nel mondo globalizzato a scriverla non sono le democrazie liberali come si pensava, quanto piuttosto i regimi forti. Alla caduta del muro di Berlino si ipotizzò che la democrazia liberale conosciuta in occidente, fosse la forma definitiva di governo alla quale tutti gli Stati avrebbero teso se avessero voluto intraprendere la via dello sviluppo economico. Così non è stato. Le previsioni ottimistiche degli ideali universali sono state sovvertite. Oggi la storia sul piano globale la scrive la Cina, una Repubblica popolare a partito unico i cui tassi di sviluppo sono ineguagliabili dalle potenze industriali tradizionali ed i cui prodotti hanno invaso i mercati dell’intero pianeta; la Russia di Putin invece sta scrivendo la storia geopolitica contemporanea con le sue incursioni digitali nella vita interna dei vecchi Stati democratici e con l’esercizio della forza quando serve, come sullo scenario medio orientale per ristabilire la sicurezza internazionale; in Georgia ed in Crimea per ridefinire le aree di influenza ai confini dell’ex impero sovietico. Divise e confuse, le democrazie liberali si sono assopite e progressivamente ritirate. L’America di Trump ripiega, ad onor del vero bisogna riconoscere che l’arretramento era già iniziato con Obama. Resterebbe l’Europa, che però è ben poca cosa. Priva da sempre di velleità ed aspirazioni globali, l’Europa si macera in discussioni e dibattiti sulla costruzione di diritti universalistici dagli sterili toni accademici, per i quali manca dei necessari strumenti di persuasione che pure l’America aveva quando con i Bush ed i Clinton ha fallito la missione che si era data di esportare con ogni mezzo la democrazia ed i diritti umani in paesi e tradizioni attardate nelle lotte tribali e nelle guerre di religione. Se finanche la solida Germania che pure dovrebbe guidare il vecchio continente, alle recenti elezioni ha scoperto l’incertezza politica con la Merkel che ancora non è riuscita a rabberciare una coalizione di governo di forze eterogenee, sta a significare che la democrazia liberale è in evidente affanno. L’equazione democrazia=sviluppo e benessere non risulta dimostrata anzi, il protagonismo cinese sul piano globale dovrebbe chiarire ai sapienti d’occidente che l’Africa ed il medio oriente se non fossero accecate dai bagliori effimeri di una Europa accogliente e premurosa, avrebbero tutte le possibilità di trovare al loro interno una via alternativa per dare uno spiraglio ai giovani disperati che rincorrono il purgatorio della benevolenza altrui, rinunciando a costruire il futuro e l’emancipazione delle società nelle quali loro malgrado nascono. Gli avidi investimenti della Cina in Africa, incuranti dell’inutile baccano delle plenarie ONU e lontani dal peloso elemosinare delle organizzazioni caritatevoli internazionali, tra qualche anno cominceranno a dare frutti e profitti aprendo a terra e non in mare aperto, la strada ai vigorosi giovani africani che gli Continua a leggere

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Internet ha cambiato verso alla storia scritta per noi, ora va chiusa

Finché internet ha tessuto la rete della grande bellezza andava tutto a gonfie vele. I Governi e le classi dominanti non eccepivano alcuna riserva. Digitale, connesso e cosmopolita, l’uomo nuovo prendeva forma nel mondo del futuro come l’avrebbero voluto. Bastava un clic per mettere tutti d’accordo sulla nuova economia senza confini e barriere anche quando la frequenza automatica degli algoritmi metteva in ginocchio interi settori del lavoro e della produzione di beni e consumi. Poi ad un certo punto la gente comune, quella massa che fatica e soffre quotidianamente per vivere, ha preso confidenza con lo strumento e si è mossa. Ha compreso che in rete poteva diventare protagonista. Si è informata, ha ragionato, ha rigettato ogni conformismo benpensante ed è diventata essa stessa radio, TV e giornali. Agili, veloci, pronte a smentire e confutare, le nuove testate fatte di ficcanti e capillari pagine facebook, twitter, blog, forum e siti internet, sono sfuggite al controllo della omologazione ideologica ed hanno preso a testate il potere. Dopo lunga gestazione le opinioni pubbliche finalmente libere da condizionamenti e pressioni ideologiche, hanno partorito Trump in America e la Brexit in Europa. Apriti cielo. Non piacciano alla gente che piace. Sono saltati i piani di egemonia e controllo del pensiero. Adesso il nemico numero uno è la rete che si è ribellata ai padroni. Divenuta matura, la rete non segue più le indicazioni e gli orientamenti imposti dagli illuminati che credevano di avere finanziato strumenti di governo globali, ma si riprende i clic e ritrova il suo destino naturale. Quelli che conoscono bene l’odio per averlo lungamente propalato nei vecchi mezzi di comunicazione e praticato nelle strade e nelle piazze, da qualche mese sono in allarme. Sentono che la rete si stringe al collo sempre più stretta, li incalza fino a soffocarli e smaschera le loro menzogne. Imbarazzati non trovano altri rimedi che la demonizzazione dell’arma letale che ha cambiato verso alla storia così come Continua a leggere

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Milena Gabanelli, l’alternativa di sistema Italia

Giudici, migranti, banche, informazione. Su ogni tema Milena Gabanelli ha avuto ed ha una alternativa di sistema da offrire al paese. Una via da percorrere per risolvere in concreto i problemi dell’Italia. Quale che sia l’ambito di riferimento, conoscenza, competenza, capacità avvalorate dai risultati conseguiti nelle precedenti esperienze, sono requisiti imprescindibili dai quali nemmeno il giornalista può pensare di derogare quando assume un incarico. Qualità che in Rai come nell’intero sistema pubblico italiano, la lottizzazione politica impedisce di tenere nel giusto conto procurando “disastri enormi” e disinformazione, secondo questa sessantenne emiliana semplice e un po’ speciale. Facile salire in cattedra dagli schermi TV, difficile scendere e dare un segnale di coerenza rinunciando ad acconciare le proprie idee in ragione delle opportunità. Coi tempi che corrono, quante italiane si sarebbero  poste in aspettativa senza stipendio  e poi dimesse senza averi? Sicura del suo approccio sistematico, la Gabanelli confessa di aver molto sofferto nel corso degli anni ad essere considerata una donna di sinistra per il solo fatto di lavorare al terzo canale Rai. Ciò che per lei conta veramente è la bravura che si mostra nel condurre a termine il proprio lavoro. La competenza è un criterio che deve valere quale che sia la professione da svolgere, a maggior ragione la competenza deve ispirare l’impegno politico e la funzione giudiziaria. Hanno sorpreso e non poco ad esempio, le convergenze con Minniti sulla questione delle migrazioni. Per altro la Gabanelli sul tema prende le distanze dalle ignoranze smaccatamente egoistiche della destra, pur sottolineando che non ci si può affidare all’estremismo umanitario della sinistra per governare un fenomeno tanto complesso. Quello che va sicuramente smantellato secondo Milena Gabanelli, è il sistema dell’accoglienza che delega alle onlus compiti e ruoli che in Germania e nel nord Europa sono svolti dallo Stato. Oggi la metà circa dei migranti sbarcati in Italia ed affidati alle cooperative, fa perdere le sue tracce perché sa di non aver diritto ad alcuna protezione internazionale e quindi, sono soggetti che non saranno mai integrati. Nel frattempo però, le coop continuano ad incassare quaranta euro al giorno anche se degli ospiti si è persa ogni traccia. Se invece i migranti fossero accolti direttamente in edifici pubblici come sono le caserme e come potrebbero diventare i complessi alberghieri confiscati alle mafie, si risparmierebbero ingenti risorse da poter investire in formazione ed educazione con l’assunzione di migliaia di giovani laureati a cui affidare il compito di seguire e controllare i processi identificativi, formativi e di apprendimento degli ospiti i cui permessi di soggiorno dovrebbero essere associati al raggiungimento degli obiettivi di integrazione. Sulla legalità continua a non transigere la Milena nazionale. A differenza del paladino moralizzatore Antonio Di Pietro che ultimamente sembra essersi pentito di aver portato a termine le indagini di tangentopoli che a suo dire hanno indebolito il sistema politico ed il cui patrimonio di credibilità fu azzerato dalle inchieste di “report”, la Gabanelli continua a pensare che un magistrato quando ha in mano le prove non debba preoccuparsi delle conseguenze politiche della sua azione giudiziaria, ma debba semplicemente applicare la Legge laddove riscontra reati. Punto e basta. C’è poco di cui rammaricarsi quando i casi scoperti corrispondono ai reati dettagliati nei codici. Coi magistrati Gabanelli conferma di avere un’assidua frequentazione e la circostanza le consente di osservare che è l’unica categoria professionale che spesso si avverte infallibile perché è la sola categoria di funzionari a cui mai nessuno si permette di dare del “cretino”, come invece accade ad ogni altro comune mortale nella vita. Tutte le volte che ha modo di avere a che fare con la Giustizia però, lei si augura unicamente che gli capiti un giudice che legga le carte e non nutra pregiudizi. Fino ad ora rileva, è andata bene. Sui politici che invece hanno delle ritrosie o addirittura rifiutano di rispondere alla Giustizia, con disarmante semplicità Gabanelli ritiene che quanti fanno capo a ruoli di rappresentanza, debbano curarsi della fiducia che i cittadini ripongono nelle Istituzioni e dunque, siano tenuti a liberare il campo se attinti dal dubbio e dal sospetto di una indagine a loro carico. Infine chiudiamo con le banche anzi, con Banca d’Italia. Accertato che Continua a leggere

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