Gesù, ricordati di me. In verità io ti dico, oggi con me sarai nel Paradiso

cristo-reXXXIV Domenica T.O. – Anno C. In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Continua a leggere

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Operai e produttori uniti con Trump anche in Europa, a smentire le menzogne della globalizzazione

federico-rampini-le-menzogne-delle-elitePolitici, intellettuali, maitre à penser, opinionisti, giornalisti e più in generale quel ceto di privilegiati che per vivere non ha bisogno di conoscere la fatica, si spera che abbia imparato e fatto tesoro delle lezioni impartite dalla Brexit e meglio ancora dalla vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane. Diversamente, se tutto dovesse procedere come se nulla fosse accaduto con la restaurazione dei vecchi sovrani sui troni europei della cultura, della politica e dell’economia, quello di un nuovo ’48 è un rischio che non si può escludere e sarebbe del tutto giustificato. Globalizzazione ed immigrazione, le menzogne delle elite, un mea culpa in piena regola scritto da un campione del pensiero globalista come Federico Rampini, uno di quelli che per sua stessa ammissione ha teorizzato e propagandato i benefici delle frontiere aperte del cui fallimento prende atto confessando di aver consumato il tradimento dei popoli e difeso ad oltranza ogni forma di immigrazione senza voler vedere la minaccia che stava maturando dentro il mondo islamico implacabilmente ostile ai sistemi di valori occidentali. Governi e pensiero progressista oscurati dalla fede nel metodo sovranazionale esercitato a mezzo delle Organizzazioni multilaterali e dei Trattati di libero scambio come strumenti positivi per definizione, hanno continuato a recitare la bella fiaba a lieto fine della società multiculturale omettendo accuratamente di spiegarci quale sarebbe stato il risultato finale: un miscuglio di valori incompatibili perorato al solo scopo di rendere accettabile il flusso incondizionato di masse migratorie disinnescando preventivamente ogni naturale accenno di reazione in nome e per conto del flottante anonimo ed interessato. L’elezione di Trump ha spiazzato i vecchi tromboni europei ancora alle prese col multilateralismo inconcludente ed i coordinamenti per la pace sconfitti ed umiliati nelle fosse comuni d’Iraq e Siria. L’Europa con Trump dopo settant’anni si è ritrovata orfana dell’America ed ha scoperto quanto sia duro rimediare ai problemi della sicurezza interna; far fronte al terrorismo sul campo e programmare sullo scacchiere internazionale, lo sviluppo del continente. Con Trump si chiude definitivamente il ‘900, socialismo e mercatismo vengono seppelliti dal nuovo corso dei popoli ribadisce Giulio Tremonti che per l’Italia vede alle porte il disastro finanziario e la vittoria del Movimento cinque Stelle la cui crescita esponenziale è diretta conseguenza del Governo merkelliano di Mario Monti. Con Trump si è chiuso il novecento, ma la storia ritorna punto e a capo verso un nuovo inizio. Al tavolo di yaltaper spartirsi il mondo dovranno aggiungere un posto che nel 1945 non c’era: la Cina di Xi Jinping che rigetta anche solamente l’idea di svanire nella democrazia, mantiene il mercato e preferisce comprare terra in Africa e nel mondo intero al solo fine di nutrire i suoi due miliardi di figli. Sulla scena mondiale più di tutti sono andati in ansia i tedeschi, Trump minaccia di infischiarsene del loro amato sistema di regole per il commercio e le relazioni internazionali. Dazi e sicurezza promette Trump, vuole infatti investire in infrastrutture per dare posti di lavoro negli USA con le risorse della sua personale spending rewie. La Germania quindi sarà costretta a mettere mani al portafogli, finanziare la NATO e sostenere le esportazioni che a frontiere aperte fino ad oggi sono andate a gonfie vele. Trump in fondo è arrivato per questo, Continua a leggere

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Trump Presidente, la colpa è della democrazia

vignetta-trump-sbaraccaL’America di Trump ha suonato il de-profundis alla globalizzazione. I sapientoni che avevano pensato di poter esportare la ricchezza e che ci hanno costretti ad importare povertà da ogni angolo della terra, sono sbigottiti del furore popolare lasciato libero di esprimersi nelle urne della Brexit prima e delle Presidenziali USA poi. Tanto quelli che non si stancano di vantare la grandezza della globalizzazione e l’energia vitale dei mercati aperti a fondamenta della democrazia portata dal vettore della crescita spinto dal sentimento morale del profitto, quanto quelli che hanno smesso di pensare in termini di classi sociali per parlare la nuova lingua delle minoranze etniche e di genere indistinto, coniando eufemistici neologismi pur di non dare ai fenomeni un nome proprio, sono stati colti da stupore ed incredulità nel costatare che la mobilitazione generale non basta più. Che l’egemonia culturale degli Stati senza frontiere esercitata dall’alleanza di blocco tra gli algoritmi della finanza apolide ed il pensiero debole del progressismo inquieto che negli ultimi venti anni ha totalizzato i media, non regge l’urto dei popoli frustrati dai problemi reali della sicurezza e della disoccupazione. Ora però che a vincere sono gli altri, quelli che hanno dovuto patire le fantasie ed i sociologismi sperimentali, allora si scopre che le urne elettorali sono la tomba della democrazia. Una contraddizione in termini per chi del suffragio universale ha fatto un valore rivoluzionario, un vessillo issato sull’Ararat dell’arca democratica. Se a vincere è quel piccolo mondo antico che non vede ragioni alcuna per sparire, allora le maggioranze non contano anzi, destano preoccupazione. Il loro verdetto è appellabile, mentre se avessero vinto gli illuminati correttissimi, il verdetto sarebbe stato inderogabile. Preoccupano più le maggioranze di quelli che lavorano duramente ed hanno votato Trump e mandato al macero i castelli di carta tirati su in fretta e senza fatica, che i circoli autoreferenziali delle utopie virtuose disconnessi dal sentire delle persone comuni e che però si arrogano il potere di decidere dei nostri destini. Accade anche in Europa dove ai marginalizzati del sistema, agli sgrammaticati che non Continua a leggere

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Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici

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Nella XXXIII domenica del T.O. la liturgia ci propone il Vangelo in cui alcuni chiedono a Gesù quando accadrà che del Tempio di Gerusalemme non sarà lasciata pietra su pietra, come lui ha affermato. Prima – risponde il Signore – dovranno arrivare guerre, terremoti, carestie, pestilenze, fatti terrificanti, segni grandiosi dal cielo e persecuzioni. Avrete occasione – prosegue Gesù – di dare testimonianza: “sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”.

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Don Fabio Rosini commenta il vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario, alla luce della Prima lettura:

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Dio non è dei morti, ma dei viventi perché tutti vivono per lui

gesu-ai-sadducei-sulla-risurrezioneNella XXXII domenica del T.O. la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù risponde ai sadducèi che non credono nella risurrezione dei morti: “che … i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: ‘Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe’. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”.

“Abramo, Isacco e Giacobbe sono vivi!”, proclama il Signore, Continua a leggere

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The brexiters spingono per una uscita rapida e senza riguardi, la UE non serve a nulla

teresa-may-in-decolteI dati Ons (Istituto britannico di Statistica), registrano una crescita dell’economia inglese anche dopo il referendum che ha sancito la volontà di uscire dall’ Unione Europea, a dimostrazione che l’economia nazionale del Regno Unito gode di una propria intrinseca forza, tale da poter far a meno del mercato comune. Ciò ha rafforzato i  brexiters”  i quali stanno esercitando pressioni sul Governo di Theresa May perché esca rapidamente e senza troppi riguardi nella convinzione che la UE non serve a nulla. E’ stata una follia affidare il potere ad una tecnocrazia per guidare paesi dall’ economie eterogenee che non parlano nemmeno la stessa lingua. Quella della Brexit è un’occasione che dovremmo cogliere, sostiene Giulio Sapelli ordinario di economia all’Università di Milano: la May infatti, deve negoziare l’uscita a vantaggio dell’Inghilterra ed ha quindi tutto l’interesse di trovare una sponda nell’Italia per rompere definitivamente l’asse franco-tedesco. Un tempo l’Europa era un progetto in ascesa che dava speranze ai popoli, poi i francesi con un referendum bocciarono la “Costituzione Europea”, frutto di un faticoso compromesso ricorda Romano Prodi. Da allora riprese il processo di nazionalizzazione delle politiche e progressiva marginalizzazione della Commissione. Infine siamo arrivati alla Brexit, un vero e proprio colpo di grazia inferto dai populisti. Perché riprenda vigore il progetto europeo, bisogna che i paesi facciano una paura ancora più grande. Il caso della Grecia è emblematico dice Prodi: si poteva risolvere in tre mesi spendendo molto meno di quanto non si sia speso. La stessa crisi economica andava affrontata come in America mentre l’Unione ha saputo produrre solamente il piano Juncker, inadeguato e lento. Come Sapelli, anche Prodi individua nella Francia l’ostacolo maggiore alla riforma dell’Unione. Fin qui l’Europa ha avuto un motore a due cilindri, quello tedesco e quello francese che Parigi non vuole sostituire con i motori italiano e spagnolo. Preferisce la Germania dove però all’orizzonte non si vede un “leader” capace di superare l’interesse nazionale ed operare per quello comune a l’intero continente. A Prodi e Sapelli si unisce Jean Paul Fitoussi, economista francese che conosce bene l’Italia dove insegna alla Luiss ed è membro del consiglio di amministrazione di Telecom: il progetto europeo non è nato per risolvere i problemi dei popoli europei. Disoccupazione, diseguaglianze, non fregano a nessuno. La UE è nata al solo scopo di ridurre il debito perché la Germania non si fida dei paesi mediterranei, li considera inaffidabili ed è questa la ragione per la quale li ha costretti a firmare in successione il “patto di stabilità”, il “six pack” ed altri “pack” rimettendo ai popoli europei la sola possibilità di cambiare governo, ma non di cambiare politica che va con il pilota automatico a prescindere se alla cloche sia chiamata la destra o la sinistra. Il progetto europeo è stato capace di fare solamente promesse che poi ha puntualmente disatteso. Agli elettori europei è stato detto che la globalizzazione e la tecnologia avrebbero loro dato la felicità. Non è stato così ed ecco spiegato il perché si rivolgono ai partiti populisti; è la stessa ragione per la quale gli inglesi hanno votato la Brexit. Pensiamo alla delusione degli elettori greci che votarono Tsipras sulla promessa che avrebbe cambiato politica e poi si sono ritrovati con un governo che ha attuato esattamente i piani della Trojka. La Grecia però è un piccolo paese, per riuscire a riformare la UE anche Fitoussi vede una sola strada: l’alleanza tra due grossi paesi  come l’Italia e la Francia capaci insieme di dire alla Germania: ora basta! La Francia nota Fitoussi con realismo, ha terrore di abbandonare la Germania e di finire sotto l’attacco dello “spread” come è accaduto all’Italia nel 2011. Ecco perché Hollande lascia cadere le avances di Renzi. Sul futuro dell’Europa  resta pessimista anche Fitoussi: alla Germania non importa nulla dell’Unione, i paesi europei o seguono le sue dottrine ordoliberali oppure possono allontanarsi consapevole che alla Germania basterà ritrovare la Mitteleuropa. L’Europa non esiste, Continua a leggere

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Do metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato, restituisco quattro volte tanto

conversione-di-zaccheoNella XXXI domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo della conversione di Zacchèo, ricco capo dei pubblicani di Gerico. L’uomo sale su un sicomòro per vedere Gesù tra la folla. Il Signore lo invita a ospitarlo a casa. Zacchèo lo accoglie pieno di gioia, dicendo: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù risponde: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza … Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

“Il figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare chi era perduto”. Ogni uomo si perde nell’egoismo per la propria superbia e ha bisogno di essere trasformato dal perdono di Cristo. Questo incontro salvifico è sempre ostacolato da una “folla di tentazioni”: affanni, concupiscenze e distrazioni. Il Maestro costantemente passa accanto a noi per beneficarci, in mille occasioni: col giubileo della misericordia, la prima comunione di un figlio, l’invito ad una catechesi, oppure l’omelia in un funerale, la testimonianza di un collega, il perdono ricevuto da un cristiano. La libertà umana resiste spesso a questi impulsi dello Spirito Santo. Quando, però, gli si apre il cuore, scocca la scintilla, e si è disposti a far un po’ di fatica per vedere il Salvatore “salendo sul sicomoro” per eludere la folla. Ed ecco, ci accostiamo alla confessione a lungo rimandata, ascoltiamo le catechesi prima disattese, o accogliamo persone umanamente scomode. E accade l’imprevisto: Gesù stesso si ferma, ci chiama per nome, come Zaccheo, entra in casa nostra, e questo ingresso è fondamentale per la nostra salvezza e quella di coloro che Dio ci affida. La gioia ritrovata, la forza di superare le critiche, il desiderio del pubblicano di ripristinare la giustizia e la prodigalità con i propri beni testimoniano la conversione autentica. Il Signore ci conceda questa grazia.
Don Fabio Rosini commenta il vangelo della XXXI domenica del tempo ordinario, alla luce della Prima Lettura:

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Tremonti, i muri servono, un gruppo di cretini riuniti a Marrakech s’inventò la globalizzazione

tremonti-semaforo-rossoNel 1994 un gruppo di cretini invasati ideologici, si riunirono a Marrakech per firmare il trattato WTO  che non è solamente un semplice trattato economico, ma è un trattato politico che reca la pretesa di sovrapporre all’antica divisione Est/Ovest del mondo l’ideologia del mercatismo, cosa diversa dal mercato teorizzato da Adam Smith dove lo Stato interviene in funzione regolatrice. I principi ispiratori di questa nuova ideologia, si rimettono all’economia che entra a dominare l’esistenza e la vita di ciascuno. Nel nuovo sistema il primato è assunto dalla finanza ed è il mercato stesso a scrivere le Leggi Costituzionali dei paesi civili e democratici: “nazioni senza ricchezza e ricchezza senza nazioni”. I cretini che non mancano mai riuniti a Marrakech, facendo leva sulla tecnologia della rete e la possibilità di scambiarsi informazioni in tempo reale tradotte dalla finanza in segnali tendenziali, finirono per inventarsi la globalizzazione, cioé quel processo di affermazione del mercato e della tecnologia che ha costruito il mundus furiosus contemporaneo secondo Giulio Tremontiospite dei giovani di Casa Pound dove è andato perché da uomo libero “io vado ovunque sono invitato”! Mercato-democrazia-Stato, nel nuovo rapporto di relazione come determinato dalla globalizzazione osserva Tremonti, l’America prova a combinare il mercato con la democrazia; la Cina il mercato col comunismo mentre nella nostra Europa questi tre fattori si sono completamente dissociati. Dall’originale liberté, fraternité, egalité, siamo regrediti a  globalité, marché, monnaie perdendo il senso della storia, vero dramma della nostra civiltà. All’Europa va bene l’altrui modernità, non è più capace di costruire un suo presente. Immigrazione, degenerazione della finanza, rivoluzione digitale, nuovo colonialismo, in questo libro vi anticipo che cosa può succedere prova a sintetizzare Tremonti ed i giovani convenuti ad ascoltarlo, scoprono di avere con l’ex ministro dei tagli lineari che però suggeriva gli eurobond ed i dazi in difesa del lavoro e dei prodotti europei, insperati punti comuni di analisi e visione a cominciare dal fenomeno delle migrazioni, fantasmi di un passato remoto che si ripresentano. Le cause dell’immigrazione secondo Tremonti, sono da ricercare nella TV e nelle guerre cosiddette di esportazione della democrazia. Quello che si sta verificando è il ritorno in direzione opposta del colonialismo attratti dalla televisione su di una scala infinitamente più grande da sud verso nord nell’ordine dei 200 milioni di persone. Contrariamente a quanto si pensa, sono i più forti a mettersi in cammino su rotte organizzate investendo sul loro futuro. Mi hanno mostrato i disegni dei bambini dei paesi poveri e tutti riproducono l’immaginario del nostro benessere proiettato loro dalle immagini della televisione. Altra causa scatenante delle migrazioni massive, sono state le guerre mosse dall’intento disperato di esportare la democrazia. Un’esercizio pericoloso perché anche in Europa la democrazia appena quarant’anni fa era una eccezione non la regola. Pensiamo per esempio, ai paesi europei del blocco comunista. La democrazia è un processo progressivo sostiene Tremonti, non è un prodotto che si possa mettere sul mercato come McDonalds. La democrazia non la puoi imporre a chi non la vuole. Dieci anni fa la Libia e la Siria stavano meglio di oggi. Con internet e la televisione abbiamo disastrato i popoli, le primavere arabe sono gli esiti della nostra incessante opera di persuasione democratica. In un’ottica simile, i muri servono, sono simboli di sicurezza che tranquillizzano i popoli anziani del vecchio continente in crisi. Costruire muri può essere una scelta difficile a prevenire rotture drammatiche afferma senza esitazioni il buon Giulio, incurante della retorica demenziale che si ascolta in giro. Quello che è venuto a crearsi è un vero blocco egemonico culturale e politico, che il recente voto dei popoli più consapevoli delle drammatiche dinamiche loro imposte, segnala come una significativa inversione di tendenza destinata a maturare ed incidere profondamente sui dogmi della meccanica globalista. Un altro fattore destabilizzante del mundus furiosus nel quale viviamo, Tremonti lo individua nella degenerazione della finanza che estende per algoritmi incontrollabili i suoi tentacoli in tutto il globo terrestre. Nel vecchio mondo la finanza poggiava sulla economia reale, adesso nemmeno più le banche centrali riescono a gestirne i suoi complessi risvolti. La BCE produce impulsi per ottanta miliardi al mese provocando il crollo dei tassi a zero, dovessero scendere sotto zero sarebbe drammatico, diverrebbero una sorta di tassa osserva Tremonti, creando enormi problemi a chi risparmia ed alle stesse banche ed assicurazioni. Si pensi ai fondi pensione che non riescono a garantire margini di rendita sufficienti agli investimenti accantonati dai lavoratori. Tremonti individua nella finanza fattori di rischio straordinari, complice la rivoluzione digitale che ha sostituito i lavoratori con i computer. La paura oggi prende anche i colletti bianchi che temono di cadere nella disoccupazione come mai è accaduto nella storia. La rivoluzione industriale segnò il passaggio dal lavoro agricolo ed artigianale a quello delle fabbriche, ma offrì comunque nuovi posti di lavoro, oggi invece siamo andati oltre ogni immaginazione, le macchine non hanno più bisogno di un controllore, si sono sostituite direttamente all’uomo. La rete apporta modifiche anche alla politica, generando al tempo stesso anarchia e nuove gerarchie. Il tratteggio storico dello scenario mondiale di crisi politica, economica e sociale serve a Tremonti per spiegare le cause della crisi della Unione Europea e dell’euro: alla fine della II guerra mondiale, l’Europa si costituì nella sola dimensione economica, il MEC (mercato economico comune), e seppe conquistarsi agli occhi dei suoi cittadini una immagine di sviluppo e di benessere molto più “caldo” e coinvolgente rispetto ai freddi tassi della BCE con i quali si pretende di rappresentarla. Tutto cambia con la caduta del muro di Berlino, l’Europa cessa di essere solamente un fatto economico e diventa un corpo politico. La Corte del Lussemburgo oggi conta più della Corte Costituzionale italiana, nasce un diritto sovranazionale che viene applicato ed al quale le sentenze delle nostre Corti devono riferirsi. Quelli che hanno disegnato la UE oggi non capiscono il mostro che è diventato. E’ mai possibile che una Corte Europea possa imporre alla Turchia ad esempio, paese di diritto musulmano, il suo diritto orizzontale che fatica a riconoscere finanche le differenze tra maschio e femmina? Un conto è fare entrare la Turchia nello spazio economico europeo, altra storia sarebbe accoglierla nello spazio politico della UE. Gli stessi padri della UE non capirebbero il mostro che è diventato l’Unione. Dopo aver creato il mercato comune con le sue regole perfette, abbiamo pensa di compiere un passo ulteriore ed entrare nella globalizzazione sic et simpliciter esponendo le nostre imprese alla competizioni di oligopoli ed economie di comando come quella cinese coi risultati che sappiamo: fallimenti, delocalizzazioni, perdita di posti di lavoro, dequalificazione del lavoro e conseguente competizione sui margini a danno della qualità dei prodotti. A che cosa sono servite allora l’Unione con la sua moneta senza governi se i governi europei sono rimasti senza monete chiedono a Giulio Tremonti i giovani di Continua a leggere

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L’ego del fariseo e il cuore del pubblicano

parabola-la-preghiera-del-fariseo-e-del-pubblicanoXXX Domenica Tempo ordinario – Anno C. In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non Continua a leggere

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La piccola armir della NATO, ha ridato coraggio ai badogliani

fronte-russo-forza-rapida-esercito-italianoNel 1979 la decisione della NATO di schierare i missili balistici intercontinentali Pershing e Cruise a difesa della sicurezza minacciata dal puntamento degli SS20 sovietici contro le capitali europee, risultò di fondamentale importanza al mantenimento della pace. L’equilibrio del terrore pur contrastato fortemente dai velleitari movimenti pacifisti, si rivelò non solamente un efficace fattore di deterrenza, ma accelerò il processo di implosione dell’intero sistema socialista disperatamente tenuto in piedi dalla sola forza militare dell’U.R.S.S. Con gli SS20 la Russia comunista si giocava l’ultima carta della sua sopravvivenza contando sull’ apporto delle opinioni pubbliche occidentali condizionate dalle sterili convinzioni pacifiste secondo le quali la resa unilaterale è la via esclusiva per scongiurare la guerra. Quella eco non ha smesso di riverberare anche ai nostri tempi ad esempio, si pensa che per sconfiggere il terrorismo si debba accettarne il ricatto e restringere la sfera delle nostre libertà espressive e di pensiero. In Italia poi le ragioni del pacifismo unilaterale trovano un naturale terreno di cu(o)ltura nella propensione a denunciare le alleanze e passare al fronte opposto pur di sottrarci alle responsabilità. Rispettare i patti e mantenere la parola data è un’opzione che opportunisticamente pensiamo di poter ribaltare e senza pagare pegno alcuno mantenere una credibilità internazionale tale da poter contare nelle decisioni che comunque comprendono i nostri destini. L’ultima prova del nostro carattere nazionale è venuta dalla canea badogliana sollevata alla notizia che una piccola forza militare simbolica italiana sarà schierata nelle Repubbliche baltiche sotto le insegne della NATO cioé, dell’alleanza che ha assicurato settanta anni di pace sul territorio peninsulare e continentale. Jens Stoltenberg, segretario norvegese dell’alleanza, si è adoperato per spiegare nel dettaglio che i motivi della decisione di mostrare i muscoli sono dettati unicamente da ragioni di deterrenza a difesa delle Repubbliche alleate dell’est sottoposte a costanti minacce dall’ingombrante vicino che ha ripreso ad esercitare una sistematica politica di egemonia ai suoi confini esterni non disdegnando l’uso della forza. La NATO ha ribadito Stoltenberg, vuole difendere la pace, e non cessa il dialogo con Mosca con l’obiettivo di convincerla a coniugare al passato il tempo di Yalta. Alle recenti “escalation” militari, la Russia non ha fatto seguire alcuna dichiarazione di intenti. Forse non sa esattamente quali obiettivi porsi. Semplicemente potrebbero essere sforzi per riconquistare il prestigio perduto. Con ogni probabilità si pensa che Putin miri ad una nuova Yalta cioé, ad una nuova spartizione delle zone dove poter esercitare la propria egemonia di potenza militare sistemica prima ancora che economica sul modello degli accordi firmati dalle potenze che uscirono vincitrici dalla II guerra mondiale. Si spiegherebbero così anche le simpatie con il candidato Repubblicano alla Casa Bianca Trump, che vuole un ridimensionamento della NATO ed il ritiro definitivo degli USA dalla scena mediorientale. E’ del tutto evidente quindi che se l’Italia vorrà sedersi al nuovo tavolo della pace est-ovest del XXI secolo e contare, non può non mantenere fede alla sua alleanza e mettere insieme una piccola Armir simbolica che vada a giocare alla guerra perché di questo si tratta, in sicurezza e nulla di più. La NATO è in fondo Continua a leggere

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