Theresa May, un’infermiera inglese per la destra italiana

vignetta-merkel-vs-may-coi-mattarelliMerkel e May, due modelli conservatori, il primo in fase declinante, il secondo in fase ascendente che potrebbe segnare una direzione di marcia univoca per l’intera destra europea. S’è vero che non si apprezzano più differenze sostanziali tra destra e sinistra in tutta Europa, è altrettanto vero che a capo dei conservatori inglesi è stata chiamata una “leader” che promette con decisione di portare il cambiamento invertendo l’incerta rotta tanto in campo sociale, quanto in campo economico. Fuori dall’EU, il Regno Unito guidato da Theresa May senza più vincoli e condizionamenti politici ha le mani libere di sperimentare le strategie più idonee a recuperare quel consenso sociale che le democrazie necessariamente non possono ignorare. Dalla Brexit sta per venire alla luce una nuova Inghilterra che punterà decisa a sinistra in economia e dirotterà spedita a destra nella società. Sembrano idee buone che si attagliano al futuro dell’Italia ancora sospesa tra la tentazione mai sopita d’impaludarsi nella grande coalizione alla tedesca da un lato e la minaccia del M5S pronto a fagocitare consensi tanto a destra quanto a manca. Forte e chiara, la destra della May si chiama fuori dalle estenuanti dispute che il moderatismo liberale ingaggia a distanza di sicurezza con le prepotenti spinte popolari in grado di determinare le maggioranze e che ad esempio, vede ancora impegnata l’Italia nel tentativo sterile di contrabbandare la destra col viso innocuo e rassicurante di un Parisi. La svolta ibrida, liberale e trattativista di Cameron respinta nelle urne dalla Brexit ha segnato il superamento del compromesso politico indolore per le parti in disputa. Rotto il conformismo del suo predecessore, Theresa May promette di riappropriarsi senza timori di sorta delle leve economiche per curare le ferite inferte al popolo dal turbocapitalismo globalista con la sola medicina in grado di rimarginarle: l’intervento perequatore dello Stato in economia perché il popolo si riconcili alle sue classi dirigenti. Con forza la Brexit si è fatta portavoce delle preoccupazioni che investono la sicurezza di tutti gli europei sempre più insofferenti alle direttive in nome di principi astratti che disegnano un mondo ideale difforme dal mondo del reale ed ecco che senza indugi e riserve la nuova politica dei conservatori inglesi non rinuncia al governo della società e si riprende il controllo dell’immigrazione con l’urgenza che la stessa cronaca detterebbe a tutti i paesi del vecchio continente tranne che alla politica italiana pronta al martirio pur di passare come la più brava, la più buona e la più corretta. Anche la più stupida ed autolesionista tra tutte le inseguitrici delle utopie globaliste. Volesse vincere ed andare al governo, la destra italiana ha ora in Teresa May un Continua a leggere

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La lezione di preghiera della vedova che non si arrende

lavedova-che-non-si-arrendeXXIX Domenica Tempo ordinario – Anno C. In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: Continua a leggere

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Alzati e va, la tua fede ti ha salvato!

gesu-guarisce-i-lebbrosiXXVII domenica del tempo ordinario. In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» Continua a leggere

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Cacciari, i popoli non sono intellettuali, a giusta ragione hanno paura degli immigrati

cacciari-dito-medioCresce sempre più in Europa il rigetto verso il fenomeno della immigrazione di massa. I sondaggi registrano una media del 60% di europei contrari ai flussi immigratori massicci come quelli degli ultimi due anni e la tendenza repulsiva tende ad aumentare tanto da aver costretto le classi dirigenti europee a non snobbare la questione come pure si è cercato fin qui di fare, perché comincia ad assumere i caratteri propri di una rivolta incontenibile che non si può semplicisticamente ricondurre ad un rigurgito razzista. A voler indagare con maggiore realismo, le cause di tanta ostilità che affiora trovano la loro genesi nella inconscia paura collettiva che investe i popoli quando vedono minacciata la propria sicurezza dall’arrivo dello straniero, del diverso. A tanto indotti anche e soprattutto dalla scarsa disponibilità del nuovo vicino di casa che malamente cela il disprezzo e l’intolleranza verso quella stessa civiltà che si ripromette di dargli da vivere. A cadere sotto i colpi dei kamikaze tanto disperati quanto disadattati, non sono dunque solamente le vittime innocenti di generosa ospitalità, ma l’architettura stessa della teoria globalista del capitale flottante che ha voluto imporre un salto nella storia troppo lungo alle genti del mondo sottosviluppato, privandoli dei necessari processi di avanzamento progressivo ed adattamento alle esigenze della civiltà del benessere materiale. I popoli non sono intellettuali osserva Cacciari e per fortuna, aggiungiamo noi. Essi non siedono a tavolino per immaginare un mondo diverso dal reale, non teorizzano diritti innaturali che si fanno passare come conquiste dell’uomo mentre molto spesso altro non sono che il riflesso esistenziale frustrato di pochi. I popoli sono carne viva e la loro paura di fronte a fenomeni incontrollati e minacciosi è del tutto comprensibile, ragionevole. Anzi, ci sarebbe da stupire se fosse il contrario, rimarca Cacciari. Il primo istinto dell’uomo è quello della sopravvivenza e le certezze gli vengono dalla conservazione dei riferimenti tradizionali che si tramandano lentamente e con fatica tra le generazioni ciascuna delle quali ne sedimenta di nuovi che le precedenti supera, ma li comprende. Tra un anno, Continua a leggere

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Servi «inutili», che non cercano il proprio utile

vangelo-servi-inutiliXXVII Domenica Tempo ordinario Anno C.
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». Continua a leggere

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Sta per crollare il muro UE di chiacchiere leniniste che vietano ed impediscono

vignetta-veglia-al-cadavere-ueI problemi di alcune banche ed i problemi di deficit o debito eccessivo di alcuni Stati, NON devono impedire alla BCE di normalizzare la politica monetaria interrompendo a marzo 2017 come da programma il QE, rialzare i tassi e stabilizzare i prezzi. La Bundesbank di jens-weidmann non fa mistero dell’opposizione a Mario Draghi ed alla politica del denaro facile che fin qui ha tenuto in linea di galleggiamento l’economia italiana rastrellando titoli di Stato ed Obbligazioni a rischio. Quanto all’accusa mossa da più parti alla Germania di accumulare un enorme surplus di bilancio fatta propria dal ganassa per riaccreditarsi presso l’elettorato in vista del referendum costituzionale, Weidmann taglia corto: è ingenuo pensare che una politica di spesa tedesca possa avere ricadute positive sugli altri Stati della UE. L’Italia deve proseguire sulla via delle riforme strutturali le sole che possono creare condizioni favorevoli alla crescita. Prioritario è ridurre l’enorme debito pubblico che con il rialzo dei tassi rischia di diventare insostenibile. Un avvertimento chiaro e forte. Anche sul nostro deficit Weidmann conferma che Berlino ci mantiene sotto osservazione: non si è abbassato per i tagli di spesa afferma, ma perché avete pagato meno interessi grazie al QE. Insomma, a voler insistere sugli ideali europei ed a non voler uscire dall’euro, c’aspettano tempi duri e guai seri forse peggiori di quelli passati. Il muro di belle-chiacchiere che ha sostenuto fin qui l’Europa sta per crollare. La crisi del debito Greco, la Brexit, l’invasione di migranti sulle coste italiane sono i campanelli di allarme che facciamo finta di ignorare. L’Europa è percepita dai cittadini europei come una minaccia, una sovrastruttura di stampo leninista che impedisce e vieta. A parlare in questi termini non è un leader populista della destra francese, olandese piuttosto che italiana, ma Fitoussi, economista kenesiano di provata fama progressita. L’attacco distruttivo portato all’economia della Grecia fino al culmine raggiunto con la Brexit, dimostrano le ragioni di quanti sostengono che l’Unione Europea è giunta ad uno stato di decomposizione avanzata irreversibile perché le scelte di gestione non sono affidate ad istituzioni di tipo politico che agirebbero per loro natura nell’interesse esclusivo e proprio della Unione medesima, ma sono delegate per surroga ad una tecnocrazia clientelare di cultura ibrida nel senso che arriva ad occupare i vertici per meriti di mera fidelizzazione nazionale e si autolegittima solo grazie all’implementazione di sciocchi algoritmi ispirati ad un liberismo che nelle intenzioni dovrebbe accreditarne l’imparzialità. L’Unione europea ha funzionato finché è restata un blocco di mercato chiuso, ha iniziato a morire quando invece ha preteso di coniugare l’ideale ispiratore alla globalizzazione osserva Geminello Alvi, scrittore, giornalista ed economista italiano noto critico dell’euro fin dal 1998, tra i pochi ad aver intuito i rischi derivanti dall’adozione di una moneta forte per un paese come l’Italia che deve gestire un debito sproporzionato rispetto alla sua fragile economia alla quale veniva sottratto uno strumento vitale come la svalutazione competitiva che incoraggia e sostiene la crescita in tempo di crisi. Gli stessi teorici interessati all’anarchia globalista dalla quale traggono immensi profitti, riconoscono come l’allargamento delle diseguaglianze sociali e l’attacco al benessere delle classi medie minacciate dalla concorrenza diretta di economie a bassi costi di produzione, nell’ultimo anno abbiano fatto registrare il ritorno a misure protezionistiche che hanno rallentato il commercio mondiale tanto da indurli a pensare che forse la sciagurata globalizzazione si sia avviata sul viale del tramonto. Meglio tardi che mai. In questo mondo messo sottosopra dalla economia globale, non c’è altro mezzo democratico per decidere a chi tocca decidere che l’appello al popolo, il referendum. La Brexit ha dimostrato che tante sono le persone che rifiutano di essere forzate ad accettare modi di convivenza lontani dai loro stili di vita e per giunta imposti con editti di anonimi burocrati. A scriverlo è Roger Scruton, filosofo e docente inglese al quale viene da pensare che l’avversione allo strumento di consultazione referendaria denunciata dalle élite finanziarie europee sia il sintomo inequivocabile che esse non credano fino in fondo nella democrazia. I Trattati di Roma con l’espediente ingannevole della sussidiarietà, hanno finito per esautorare gli Stati della Sovranità popolare potendo regolamentare nel nome del mercato ogni aspetto della vita sociale interna di uno Stato membro senza l’obbligo di rispondere politicamente degli errori commessi. Nelle democrazie le leggi cambiano e si adattano alle contingenze dei tempi, anche le Costituzioni si evolvono, ma quando si pretende di legiferare a mezzo di Trattati internazionali che restano Continua a leggere

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Il peccato del ricco è l’indifferenza verso il povero

lazzaro-ed-il-ricco-epulone-dall-evangeliario-di-echternach-libro-miniato-viii-sec-bibliotheque-nationale-de-franceXXVI Domenica Tempo ordinario Anno C
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma” (…)».

La parabola del ricco senza nome e del povero Lazzaro è una di quelle pagine che ci portiamo dentro come sorgente di comportamenti meno disumani.
Un ricco senza nome, per cui il denaro è diventato l’identità, la seconda pelle. Il povero invece ha il nome dell’amico di Betania. Il Vangelo non usa mai dei nomi propri nelle parabole. Il povero Lazzaro è un’eccezione, una felice anomalia che lascia percepire i battiti del cuore di Gesù.
Morì il povero e fu portato nel seno di Abramo, morì il ricco e fu sepolto nell’inferno. Perché il ricco è condannato? Per il lusso, gli abiti firmati, gli eccessi della gola? No. Il suo peccato è l’indifferenza verso il povero: non un gesto, una briciola, una parola. Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza, per cui l’altro neppure esiste, e Lazzaro è nient’altro che un’ombra fra i cani.
Il povero è portato in alto; il ricco è sepolto in basso: ai due estremi della società in questa vita, ai due estremi dopo. Tra noi e voi è posto un grande abisso, dice Abramo, perdura la grande separazione già creata in vita. Perché l’eternità inizia nel tempo, si insinua nell’istante, mostrando che l’inferno è già qui, generato e nutrito in noi dalle nostre scelte senza cuore: il povero sta sulla soglia di casa, il ricco entra ed esce e neppure lo vede, non ha gli occhi del cuore. Tre gesti sono assenti dalla sua storia: vedere, fermarsi, toccare. Tre verbi umanissimi, le prime tre azioni del Buon Samaritano. Mancano, e tra le persone si scavano abissi, si innalzano muri. Ma chi erige muri, isola solo se stesso.
Ti prego, manda Lazzaro con una goccia d’acqua sul dito… mandalo ad avvisare i miei cinque fratelli… No, neanche se vedono un morto tornare si convertiranno!
Non è la morte che converte, ma la vita. Chi non si è posto il problema di Dio e dei fratelli, la domanda del senso, davanti al mistero magnifico e dolente che è la vita, tra lacrime e sorrisi, non se lo porrà nemmeno davanti al mistero più piccolo e oscuro che è la morte.
Hanno Mosè e i profeti, hanno il grido dei poveri, che sono la parola e la carne di Dio (ciò che avete fatto a uno di questi piccoli, è a me che l’avete fatto). Nella loro fame è Dio che ha fame, nelle loro piaghe è Dio che è piagato.
Non c’è apparizione o miracolo o preghiera che conti quanto il loro grido: «Se stai pregando e un povero ha bisogno di te, corri da lui. Il Dio che lasci è meno sicuro del Dio che trovi» (San Vincenzo de Lellis).
Nella parabola Dio non è mai nominato, eppure intuiamo che era presente, che era vicino al suo amico Lazzaro, pronto a contare ad una ad una tutte le briciole date al povero, pronto a ricordarle e custodirle per sempre.

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A Beatrice Lorenzin caduta dalla culla

famiglia-naturale-coppia-gender-lorenzin-vendolaSmarriti come siamo per l’universo mondo alla ricerca non si sa più bene di che cosa, tanto insoddisfatti quanto sazi di ogni cosa, pur di sbarazzarci della fatica di vivere preferiamo portarci in casa un futuro da regalare a tanti, diversi, differenti, lontani anche quando non gradiscono. Noi, con la nostra civiltà così avanzata da arrivare al benessere diffuso abbiamo finito per darci di testa. Noi, che pensiamo di afferrare l’attimo e vivere il piacere del momento in un perpetuo presente non più passato e che giammai sarà futuro. Noi, che annoiati proviamo ad inventarci diritti impossibili perché l’orizzonte dei doveri sempre uguali ed immutabili ci ha stancato al punto da trascinarci nel limbo sofisticato dei desideri surrogati. Noi, disponibili ed arditi comunque senza pudori nella libera società dei castrati che scattano, sempre pronti ad irritarsi se richiamati alla missione antropologica del sacrificio e della rinuncia. Noi, che davanti a numeri e statistiche più non ci scandalizziamo: preferiamo infatti morire ed estinguerci piuttosto che rinunciare agli stili di vita alternativa che ci hanno alienato quelli che un tempo erano impegni puntuali, scanditi da stagioni e responsabilità. E guai a ricordare alle donne che senza di esse non si fanno famiglie. Accuse e contumelie sono piovute addosso alla malcapitata Lorenzin solo per aver provato a sollevare un problema la cui soluzione è nelle facoltà quasi esclusive concesse dalla natura ad una parte deputata più che ad altre, che però sembra non volere in alcun modo ridimensionare l’ego smisurato faticosamente conquistato. Sono riecheggiate su giornali e TV le epiche voci di quelle nonne figlie del boom demografico che, giovani negli anni settanta, rivendicavano il diritto a godere della vita senza più preoccuparsi di dare la vita anzi, pronte a toglierla in caso d’impiccio. La povera Beatrice ha commesso l’ingenuità di provare a dare dei buoni consigli: rivalutate l’amore, soldi e carriere possono attendere. Poco c’è mancato che fosse apostrofata di maschilismo paternalista. Niente, non c’è verso. Le nostre ragazze che hanno avuto la fortuna di  Continua a leggere

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Coloro che abbiamo servito ci accoglieranno in cielo

vangelo-della-domenicaXXV Domenica
Tempo Ordinario – Anno C

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”» (…) Continua a leggere

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Corpus iuris grillinum, la dura lex del profeta

vignetta-header-sondo-grillo-pallone-gonfiatoM5S. Perché l’assessore De Dominicis sottoposto ad indagine giudiziaria viene fatto dimettere e l’assessore Muraro della Giunta Raggi indagata anch’essa, resta in carica? Perché il sindaco di Parma Pizzarotti è sospeso dal movimento per ritardata comunicazione ai vertici di una indagine a suo carico ed invece resta saldo al suo posto il sindaco di Livorno Nogarin? Se la magna carta non-statuto del movimento vieta espressamente l’istituzione di organi direttivi, dove trovano legittimità i poteri esercitati dal direttorio nazionale e dai mini direttori, dagli staff e dai vari gruppi comunicazione? Non siamo perfetti ha scritto Beppe Grillo in una lettera-indirizzata-ai-cittadini cinquestelle pubblicata dal Corriere della Sera. Solo i dittatori sono perfetti, si giustifica il fondatore, garante e capo-politico del movimento invitando tutti all’unità per resistere agli scossoni portati dai peggiori romani alla stessa credibilità del movimento nato al fine d’impedire l’avvento del fascismo (sic). Anzi, Grillo si dichiara pronto a restituire i voti se solo si potesse pur di ripagare la fiducia tradita degli elettori, ma non si può ed allora lasciamo che le cose facciano il loro corso ed andiamo avanti, chiosa. Come numerosi altri, anche il caso Roma finirà tra i precedenti a fare giurisprudenza interna al complesso, variegato ed all’occorrenza contraddittorio corpus-iuris-grillinum. Copiose sono le fonti del diritto grillino infatti e tutte discendono dalla carta fondamentale del NON STATUTO, scritto da Casaleggio senior buonanima, a quattro mani con Grillo e dagli stessi approvato che però non esclude la possibilità che le fonti secondarie abbiano forza di norma per contraddirlo. Proseguiamo con ordine. Il NON Statuto gemma lo statuto-costitutivo del Movimento 5 Stelle, sottoscritto dal Notaio. Lo Statuto dell’associazione smentisce un principio politico cardine del M5S e cioé, quello che i rappresentanti ed i Parlamentari del Movimento non sono liberi di esprimere i loro voti in dissenso dal Movimento pena l’espulsione. All’articolo 3, lo Statuto con validità legale nella Repubblica italiana, si uniforma alla Costituzione: nero su bianco afferma al contrario che i “parlamentari non hanno vincolo di mandato”! Dallo Statuto notarile dell’associazione ha preso corso un’altra  fonte primaria di diritto a cinque Stelle: il regolamento che disciplina gli aspetti più squisitamente tecnici-organizzativi del Movimento e istituisce il Consiglio direttivo composto da Grillo, dal nipote e dal commercialista soci fondatori in apparente nuova contraddizione col NON Statuto che invece non prevede organismi rappresentativi diversi dalla volontà della rete espressa in clic dagli iscritti. Al NON Statuto, allo Statuto ed al Regolamento seguono una serie di fonti secondarie di diritto grillino denominati “codici di comportamento”, documenti in forma scritta la cui natura giuridica potrebbe essere assimilata a quella dei “contratti di diritto privato”. Valga per tutti l’esempio del codice di comportamento-dei-candidati cinque stelle alle Amministrative del Comune di Roma. Con lo strumento dei codici di comportamento si sono introdotte le pesanti penali pecuniarie a carico degli eletti che dovessero trasgredire il vincolo di mandato. Vincolo espressamente escluso dallo Statuto dell’Associazione di cui Grillo è legale rappresentante e gestore del simbolo. Caso unico in cui una norma derivata assurge a rango giuridico di norma primaria preminente. Per capirci è come se un Decreto Ministeriale potesse disciplinare l’attuazione di una Legge in difformità ai principi generali della Legge medesima o peggio essere viziato di incostituzionalità. Sarebbe nullo. Vale a significare privo di effetti, come mai emanato. Non meno rilevanti nel complesso sistema sono le fonti non scritte di diritto grillino cioé, quelle consuetudini che nel corso degli anni si sono consolidate fino a divenire riferimento ordinamentale della vita interna del Movimento come le valutazioni personali di Grillo emesse a titolo di garante e che hanno sentenziato l’espulsione dei Favia, dei Tavolazzi, della Rosa Capuozzo sindaco di Quarto e tanti altri. Non vanno trascurati infine nel variegato sistema di diritto grillino, gli Continua a leggere

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