Un giovane immigrato dà fuoco all’ostello che lo ricovera mosso da sentimenti di riconoscenza verso i malvagi che l’hanno soccorso nel momento del bisogno. Non pago se ne va in giro per le strade di mezza Europa, prende possesso di un tir dopo aver ammazzato l’autista e piede a tavoletta stronca dodici innocenti anime infedeli intente a peccare tra le bancarelle di Natale. Tra queste Fabrizia che cercava regali da portare a casa ai suoi genitori. Scappa indisturbato, sale in treno e ritorna in Italia non si sa bene perché, forse rimugina tra sé di avere ancora qualche vecchio debito di riconoscenza da saldare con gli italiani. Troppo buoni e sempre pronti a porgere l’altra guancia quando si tratta di perdonare i carnefici. Amri lo sa. L’ha imparato nelle carceri. Sa che la Chiesa affida a Dio le vittime e riprende a sé le pecorelle feroci che ritornano all’ovile senza più curarsi che si pentano e si ravvedano. Sono carnefici e vanno accolti o meglio, riaccolti sempre, comunque e tutte le volte. E’ un lavoro da ragazzi farli fuori e punire la loro generosità, avrà pensato. Per sua sfortuna e nostro sollievo incontra due giovani volenterosi in divisa. Potrebbero girarsi dall’altra parte e perdonare, ma non lo fanno. Sono animati da un sentimento uguale e contrario a quello di Amri: amano Dio, la Patria e la famiglia. Amano l’Italia ed hanno giurato di difendere il suo popolo. Che orrore. I migliori Costituzionalisti restano interdetti di fronte a tanta abnegazione. Avrebbero preferito reazioni miti, contenimento del danno, al limite il diritto alla fuga del reo. Ed invece no. I due giovanotti che la divisa indossano per scelta, credono nella nazione degli avi e nello Stato che la rappresenta, chiedono allora ad Amri di pentirsi. Per tutta risposta ricevono un proiettile alla spalla. Rispondono al fuoco e lo stendono. Poi chiamano i soccorsi, ma il buon Dio si ricorda che evidentemente esiste una Giustizia e lo lascia in terra. Per sempre. Potremmo gioire questa volta, diamine! Purtroppo anche stavolta quella meglio gioventù aristodem che predica diritti e dimentica i doveri; che promuove l’uguaglianza e ci vuole tutti diversi; che include ed esclude noi altri; che si batte per la pace e non risponde al fuoco; che chiede libertà e tollera le donne sottomesse; che rivendica l’accesso alla stampa e monopolizza gli organi di comunicazione; che ama il pensiero plurale ed emargina il dissenso, c’ha rovinato la festa ammonendo giornalisti, blogger e tutti noi perché rivolgessimo uno sguardo umano al giovane assassino e censurassimo il terrore procurato da giovani poliziotti che a braccia tese hanno difeso dall’odio cieco della parola scritta e predicata, qualche altra dozzina di potenziali infedeli al varco di uno stadio o di un teatro; ai tavolini di un bar come alle panchine della metro, non è dato sapere. Uno sguardo umano chiedono gli aristodem per i fossili viventi di una civiltà arcaica e brutale che pure li mantiene indifferenti, finché non arriverà a bussare alle porte delle loro stesse case. Di questo passo ne siamo certi, se continuiamo ad affidare le politiche sociali a simili aristocratici del pensiero vile che accampa ragioni anche davanti al disprezzo per il pericolo mostrato da due giovani valorosi. Ad avercene nelle nostre strade e nelle istituzioni uomini di coraggio capaci di trarre dal passato gli insegnamenti giusti che un tempo si sarebbero chiamati onore e fedeltà, sacrificio e lealtà alla comunità di destino in nome della quale si vive e si opera per il meglio. Segno forse, che il declino lo meritiamo. Ce lo stiamo guadagnando senza trovare resistenza…
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