Non è nuova la tesi secondo la quale quella di tangentopoli non fu una rivoluzione moralizzatrice della vita pubblica italiana, bensì un complotto organizzato per cancellare dal panorama politico i partiti democratici della tradizione costituzionale all’indomani della caduta del muro di Berlino. Più volte è stata ribadita a loro difesa dagli stessi Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, ad ogni nuovo avviso di garanzia. Quanto però aggiunge in questa recente intervista-video Paolo Cirino Pomicino, noto neurologo con un “know how” da economista che Andreotti promosse sul campo al dicastero del Bilancio sul finire degli anni ’80, esponente di spicco di quella che venne chiamata la corrente del golfo e che vedeva tra le sue fila i Gava, gli Scotti, i Di Donato, i De Lorenzo insomma i “campioni” napoletani del pentapartito nazionale tutto crescita e sviluppo finanziata a debito, è una testimonianza di assoluto interesse politico che gli storici prima o poi dovranno rassegnarsi a scrivere, sentenzia “‘o ministro”. Pomicino ricostruisce la vicenda italiana della genesi della cosiddetta II Repubblica con ricchezza di analisi ed argomentazioni, soprattutto facendo nomi e cognomi degli ideatori che evidentemente non hanno avuto fin qui motivi di smentita da addurre a discolpa. Nella prima metà del 1991, Carlo De Benedetti venne a farmi visita presso il Ministero del Bilancio e mi illustrò il progetto che di lì a breve sarebbe partito, disvela Cirino Pomicino. Dopo la caduta del muro di Berlino, il PCI che si era spaccato nel congresso di Rimini, non aveva più alcuna concreta prospettiva storica-ideale ed allora venne a patti con la buona borghesia azionista stringendo un accordo di potere al quale De Benedetti che agiva in prima persona, ma con la benedizione di Agnelli, mi chiese di aderire, precisa Pomicino. Del progetto furono messi a conoscenza anche Giuliano Amato e Renato Altissimo (ministro del PLI). Del patto stretto tra il capitalismo azionista che deteneva anche i più importanti mezzi di stampa ed il nuovo PCI/ds, ciascuno di noi ebbe conferma in via riservata da un grande comunista della corrente migliorista quale fu Gerardo Chiaromonte, continua Pomicino. Chiaromonte ci avvertì che il suo partito aveva scelto di conquistare il potere per via giudiziaria. La magistratura quindi, fu un semplice strumento utile a raggiungere l’obiettivo di annientare un intero sistema politico colpendo non solamente le prime fila, ma l’intera classe dirigente, comprimari e gregari. Alcuni però, osserva Pomincino, essendo dei dilettanti della politica, restarono essi stessi impigliati nella rete giudiziaria e finirono in galera. Il prodotto di una intesa spuria tra un gruppo di imprenditori ed un partito senza più alcuna velleità realizzabile quale erano i DS, fu l’azzeramento di tutte le culture politiche di riferimento per la gente che in altri paesi europei come l’Olanda, la Francia, la Spagna, la Germania, oggi sono al governo e cioè la cultura socialista, quella liberale, quella popolare cattolica-democratica, quella ecologista. La classe dirigente contemporanea non è figlia di nessuno, non ha alcun punto di riferimento ideale e per questa ragione che è ricomparso anche un antico fenomeno, quello del trasformismo che si registrava nell’Italia liberale pre-fascista. La gran parte dei politici contemporanei sono neoeletti, non hanno avuto né maestri, né guide che gli abbiano consentito di crescere e maturare politicamente come invece accadeva nella tanto vituperata prima Repubblica dove la politica comunque conservava il primato. Oggi che i partiti sono stati sostituiti dai comitati elettorali capeggiati da leader temporanei privi di ogni riferimento ideale, la democrazia non funziona più perché le maggioranze parlamentari non riflettono più le maggioranze sociali. E’ dal 1994 infatti che le maggioranze parlamentari sono minoranze nel paese reale. La prima Repubblica, non è finita per esaurimento del suo compito storico, ma perché fu violentata da una alleanza di potere spuria di cui io avvertii chi di dovere, ma non fui creduto osserva non senza amarezza Pomicino il quale coglie anche nelle differenze tra proporzionale e sistema maggioritario i guasti della crisi di rappresentanza politica che sta attraversando il nostro paese. La democrazia della prima Repubblica, era una democrazia aperta ed inclusiva dove l’assenza di soglie elettorali non privava il paese delle sue culture minoritarie quali furono quella repubblicana, socialdemocratica e liberale che si assumevano il ruolo di minoranze attive nel sollecitare le maggioranze, necessariamente prudenti e conservatrici in attesa che l’intera società concordemente maturasse gli obiettivi di modernità e progresso…
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