Sempre più persone nel mondo pensano che l’America non sia più un modello di democrazia perché ricorre all’uso esclusivo della forza per risolvere i conflitti interni agli Stati. Perseverare nelle ingerenze rischia di determinare per l’Onu lo stesso destino fallimentare che ebbe la Lega delle Nazioni. Si è rivolto in questi termini Putin al popolo americano direttamente dalle colonne del New York Times scrivendo in prima persona un articolo col quale ha spiegato le ragioni della Russia sulla crisi siriana e l’avversione ad una soluzione che non sia quella diplomatica. Quello in Siria chiarisce Putin, non è un conflitto tra democrazia e dittatura, ma un attacco terroristico portato da estremisti islamici che provano a rovesciare il Governo legittimo in un paese dove vi sono sedici fazioni religiose in lotta per il potere. Putin poi addebita alla pratica delle ingerenze umanitarie degli Stati Uniti, la corsa agli armamenti non convenzionali di molti Stati nel mondo perché spiega, se hai la bomba nessuno ti tocca e puoi in questo modo garantire la tua sicurezza. Noi non stiamo proteggendo la Siria, noi intendiamo affermare il diritto internazionale. Quello che maliziosamente Putin evita di scrivere agli americani è che la Russia NON può permettersi di chiudere la sua unica finestra aperta sul Mediterraneo e cioè, la base navale di Tartus, dove ha ormeggiata un’intera flotta militare. Del tutto inadeguata la strategia di Obama che mostra i suoi contraddittori limiti politici: esce mortificato il suo pacifismo ritrosivo, procura ineluttabile il declino dell’egemonia statunitenze con le sue vane minacce ad Assad. In questo scenario storico dove le potenze di Yalta mostrano una fragilità irripetibile, l’Europa chiusa nelle sue austere divisioni, debole e meschina resta a guardare quello che accade sull’uscio di casa piuttosto che cogliere l’occasione per ritrovarsi unita a determinare i destini ai suoi confini; aspetta pavida che le potenze emergenti d’oriente assumano il ruolo che fu degli Stati Uniti d’America anche sul piano dei rapporti di forza internazionali dopo averli lasciati vincere e spadroneggiare nella sfera economica-finanziaria globale.
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