Sembrano maturi i tempi per introdurre anche in Italia analogamente a quanto già avviene in gran parte degli Stati europei, l’assistenza reddituale minima garantita come misura di inclusione e diritto di cittadinanza. Secondo i calcoli degli esperti costerebbe circa 10 Mld di euro e in pratica risulterebbe una vera e propria ridistribuzione di ricchezza che in questo ultimo decennio si è concentrata in aree sociali circoscritte allargando la distanze tra ricchi e poveri. Un provvedimento che potrebbe avere anche un’altra lettura e cioè, quello d’incentivo ai consumi ma, sono tante le obiezioni che sollevano i fanatici del mercato per i quali si risolverebbe in disincentivo a cercarsi un lavoro e sarebbe un appesantimento della spesa pubblica insostenibile. Nel Regno Unito i controlli sui percettori di reddito garantito patiscono controlli feroci ed hanno l’obbligo di frequentare corsi professionali e di aggiornamento. Se poi rifiutano un lavoro finiscono per perdere anche il reddito minimo. In Italia abbiamo la piaga del lavoro nero soprattutto al sud, dove le statistiche ci dicono che questa forma di economia sommersa è diffusa al punto di costituire l’architrave reddituale alternativo di vaste aree. Chi farà i controlli? Se fino a ieri il reddito minimo garantito di Molise, Campania, Puglia, Sicilia sono state le pensioni d’invalidità false, chi e come si eviterà un altro naufragio assistenziale? Non sarebbe meglio investire questi fondi in attività produttive e nell’allargamento delle prestazioni sociali?
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in questo interessante documentario della rete tedesca sul basic income si propone un reddito minimo incondizionato a partire dall’imposta negativa di friedman oltre ad una rivoluzione fiscale.
http://www.youtube.com/watch?v=ExRs75isitw
(sottotitoli da attivare)
chiaro e rigoroso, nella seconda metà si illustra tecnicamente il funzionamento.