I non più giovani ricorderanno il tecnico Lamberto Dini, fu a capo di un governo di tecnici e come Monti portò a casa una riforma delle pensioni che segnò il passaggio dall’ormai insostenibile sistema retributivo all’attuale sistema contributivo. Salì in politica guardando a sinistra dal centro liberaldemocratico per calamitare i voti della destra, finì col passare nelle fila berlusconiane e sparire di scena. Si colgono similitudini tra la Lista Dini e la salita in politica dell’agenda Monti. Quella del professore sembra voler essere una nuova balena bianca che nasce per attrarre i voti della destra berlusconiana, andare a governare con la sinistra bersaniana e riunificare il centro moderato che dovrà ereditare l’elettorato del PDL per riportarlo nel futuro Partito Popolare Europeo che verrà, alternativo alla sinistra. Il progetto è ambizioso, ma come si è visto non è una novità. Monti si è prefisso di normalizzare il sistema e riallineare l’Italia all’Europa. A Bersani tutto sommato non dispiace anche se teme che Monti finisca per erodere consensi più al PD che a Berlusconi, è consapevole che tenendolo da avversario, il suo probabile successo elettorale nelle regioni decisive per il Senato: Lombardia, Veneto e Sicilia, potrà bilanciare al governo il peso della sinistra e sottrarlo ai ricatti di Vendola e Camusso così dolorosamente sperimentati durante l’esperienza del governo Prodi, miseramente fallita per le impuntature ideologiche delle estreme. A palazzo Chigi però andrà chi vince alla Camera avverte Bersani, sicuro di sbancare Montecitorio col premio di maggioranza previsto dal porcellum. I conti senza l’oste sembrano tornare a Monti che si è assicurato il sostegno della Cisl e della Chiesa ed a Bersani, che si è dato un avversario per spostarsi al centro. Oltre a Berlusconi però, stavolta c’è un’altro oste in attesa di riscuotere, quel Grillo che travasa da tutte le botti e potrebbe riuscire nel segreto delle urne, a prosciugare le riserve speciali di entrambi.
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