Salah Abdeslam, il bacio dell’Europa al figlio traditore

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I profughi non c’entrano col terrorismo, Salah Abdeslam è cittadino francese. Il terrorismo di matrice religiosa quindi, non è un problema importato, a leggere i passaporti sembrerebbe un problema generato nelle contrade nostrane. Salah nasce infatti da genitori marocchini che scelsero la ricca Europa per cercare una nuova vita e dare un destino migliore ai loro figli. Potevano scegliere di emigrare nella ricca Arabia Saudita, nei ricchissimi Emirati Arabi, nell’Oman, nel Kuwait dove il processo di integrazione culturale e sociale sarebbe stato più rapido e meno suscettibile a cambiamenti faticosi; sicuramente sarebbe stato meno traumatico sotto il profilo dell’interazione con le comunità ospitanti. I poveri genitori di Salah invece, scelsero liberamente di venire ad insediarsi in Europa non sappiamo con quali mezzi, c’auguriamo che siano potuti atterrare comodamente con un volo diretto Rabat-Bruxelles. Sta di fatto che decisero di mettere su famiglia in una terra dove più che di spirito si vive di materia; dove le donne vanno in giro scollate e sono padrone della loro vita; dove per pregare sono in pochi a trovare ancora il tempo, ma comunque dove si può professare in libertà il proprio Credo. Non abbiamo motivo di pensare che i poveri genitori di Salah non fossero consapevoli che i loro figli sarebbero cresciuti in una terra infedele, visto e considerato che per trent’anni alcuno ha impedito loro di rifare i bagagli per ritornare sotto l’amata legge del profeta. Nel gioco del dare e dell’avere, evidentemente fatti due conti hanno apprezzato i vantaggi. In Belgio Salah ed i suoi fratelli sono stati assistiti, curati, istruiti. La sua numerosa famiglia ha potuto godere di generose sovvenzioni pubbliche che raggiungono anche i 2.300 euro mensili quando i figli a carico sono cinque. Emigrare in Belgio è una roba da prendere seriamente in considerazione da parte di quelle poche famiglie italiane che infischiandosene della dolce vita, ancora decidono di procreare in gioventù per via naturale. Al contrario Françoise Schepmans sindaco di Molenbeek bastione del jihadismo europeo, osserva sconfortato che i figli dei cittadini musulmani nati in Belgio, rifiutano i valori occidentali ed europei. Crescono disadattati non riuscendo comprensibilmente ad abbandonare le origini e tanto meno a fare propria la civiltà che ha regalato loro un orizzonte di libertà responsabile. Finiscono così per maturare un odio profondo nei confronti di quelli stessi che accolsero i loro genitori. Un odio dunque, che viene direttamente dall’insipienza di aver pensato di poter convivere regalando simulacri di civiltà a culture eradicate da epoche remote senza attendere come inevitabile che sia tra sangue e guerre, che facessero il loro corso nella storia fino a giungere al livello di libertà avanzate che ricordiamolo, anche all’occidente sono costate lutti e sacrifici. Semplicemente il multiculturalismo ha ipotizzato scioccamente che sarebbero potute rifiorire come da un innesto, a nuova vita culture che si attardano a ricomporre in terra quel metafisico che la ragione ci ha insegnato a separare dal mondo tangibile nel quale gli uomini nascono, crescono ed operano. Ed è quella stessa ragione che presa atto della miseria umana, anela ad una consolazione che evidentemente può essere solo postuma. Le forze speciali di polizia si racconta siano riuscite a rintracciare Salah per puro caso nel quartiere che ha partorito la guerra santa alla civilizzazione. A Molembeek le forze di sicurezza durante le fasi dell’arresto sono state prese di mira dagli abitanti con invettive e lanci di oggetti. Donne alle quali abbiamo concesso di velare i propri lineamenti fino a rendersi esseri più che anonimi, indistinti, nelle vie di Molembeek hanno accolto i poliziotti al grido di “andatevene”! Dichiarazione inconfutabile che sta ad indicare da che parte è schierata la comunità immigrata, denunciando la natura di un disagio tutt’altro che economico come vorrebbe farci credere la vulgata del politicamente corretto. La spocchia delle democrazie è stata quella di immaginare i diritti umani come una sorta di accumulo a sedimentazioni successive di culture sovrapposte. Per i migranti non abbiamo fatto poco anzi, abbiamo fatto troppoAbbiamo disarmato i nostri cuori al punto che milioni di uomini vivono al nostro fianco senza che ci riconoscano i meriti del soccorso che abbiamo loro prestato nel bisogno. Gli attentati feroci che si sono succeduti negli ultimi anni a Londra, a Madrid, a Parigi, sono più che un segnale preoccupante, sono la prova che la democrazia dei diritti e dell’uguaglianza se resta spettatrice inerme, viene percepita da milioni di uomini come un argine debole, fragile, che può cadere facile preda di una minoranza cospicua e compatta, animata e sostenuta dalla fede. Quanti continuano a propugnare l’idea che il problema del terrorismo si risolve favorendo l’accesso al benessere presunto dell’Europa con ulteriori e maggiori masse di immigrazione fatta salva la buona fede di alcuni,  ci induce a pensare che siano determinati ad innescare una bomba eutanasica nel cuore dell’occidente.

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