Ecco Sodano, il maggiore esportatore di monnezza. Non sia mai detto che si doti d’impianti idonei, lui preferisce che siano gli scandinavi a bruciarla tanto NON paga di tasca sua. Saranno i napoletani onesti, quei pochi che versano la TARSU a coprire i costi insieme a pantalone, prima però l’ammonticchia tra Barra e Ponticelli cioè, va ad inquinare l’area che vuole preservare dal nuovo inceneritore. Facciamo una previsione: prima che le idee inesauribili di questo comunista inveterato completino il loro ciclo fallimentare così come già è stato per quelle dell’ex ministro Pecoraro Scanio cacciato finanche dai verdi, trascorreranno almeno un paio d’anni tra crisi, pericoli sanitari e dilapidazione di risorse pubbliche. Alla fine della corsa, quando i napoletani si riavranno dalla sbornia anarco-regressista, il precipitare degli eventi sarà l’occasione per rassegnarsi alle uniche soluzioni percorribili dalle metropoli per lo smaltimento dei rifiuti: termovalorizzatori e discariche. Ci viene in soccorso lo stesso Presidente onorario di Legambiente Ermete Realacci: “è un paradosso chiedere Solidarietà
ad altri perché brucino i rifiuti e NON voler dotarsi di discariche e termovalorizzatori sul territorio della propria città…” Anche oggi infatti, ancora con un NO deciso ad inceneritori e discariche il Sindaco ribadisce: li bruceremo all’estero. Rituale
oramai il riferimento allusivo a condizionamenti della camorra che saboterebbe il piano rifiuti di Sodano. Un piano che NON ha bisogno d’interventi esterni per
incepparsi al primo ostacolo, sarà la realtà fattuale a farlo fallire quando finiranno le risorse per portare in crociera la monnezza e ci ritroveremo senza
invasi, senza forni sufficienti, senza soldi dopo aver dilapidato l’intera dote dei fondi UE. La sensazione è quella che le Istituzioni regionali ed il Governo nazionale
abbiamo in animo di sedersi sul greto del fiume ad aspettare che passi il cadavere.
I pochi contribuenti onesti, nelle cui abitudini c’è il saldo delle bollette, saranno costretti
a pagare una TARSU salatissima perché un figlio dei fiori, reduce del sessantotto ha deciso di fare della sperimentazione sociale. Solamente a Napoli, per naturale inclinazione antopologica e (sub)culturale, simili personaggi potevano trovare terreno fertile ed essere ascoltati.
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