Abbiamo riflettuto a lungo e quasi si stava per desistere. Quali parole trovare, quali pensieri che già non sono state scritte e proferiti mille e più volte? Un’altra donna, un’altra ragazza uccisa dall’uomo che non ha saputo governare il suo orgoglio ferito e si è lasciato trascinare nel gorgo orribile dell’istinto animale più basso e feroce, ultima risorsa dei falliti privi di vita, senza amici.
Che sia un bel rischio riempiere questa pagina, non c’è dubbio, coi tempi che corrono e gli idioti, uomini e donne, che affollano oramai non solo i social media, ma anche gli schermi delle TV ed i salotti illuminati dal sociologismo d’accatto. Come salvare l’amore tra maschi e femmine se non con la poesia? L’amore struggente, arrendevole, dolce, di stile romantico dal quale le donne escono vincenti e restano sospese nell’olimpo degli Dei, ammirate ed invocate dagli sconfitti. Soffocate nel cuore che riprende a battere piano; che rotto si riaggiusta e sorretto dall’amicizia riprende il cammino della crescita in un’altra direzione, dopo una separazione. Ecco che a soccorrerci arrivano i versi di una delle liriche più belle, scritta, musicata e cantata da uno dei maggiori poeti della canzone pop, Gianni Togni:
Giulia, oh mia cara
ti prego salvami tu, tu che sei l’unica
mio amore, non lasciarmi da solo in questa notte gelida
per favore, non vedi dentro i miei occhi
la tristezza che mi fulmina
non scherzare, sto in mare aperto e mi perdo
e tu sei la mia ancora
ti prego sali in macchina
come faccio a respirare
cosa faccio di me, senza te…
Altre parole non abbiamo. Quanti non si dovessero sentire soddisfatti dalla poesia che dedichiamo alla memoria di Giulia, possono leggerne a migliaia, si sprecano all’orizzonti della banalità. A noi non resta che una osservazione critica, oseremmo pedagogica, che forse spiega meglio di tutte le parole che voleranno al vento ai corsi di lezioni che si impartiranno nelle scuole di ogni ordine e grado dopo questa ennesima tragedia: la recrudenscenza dei femminicidi registrata negli ultimi decenni muove non solamente dalle ossessioni di possesso patologico che ancora molti maschi patiscono, ma dall’assenza di modelli educativi rigorosi, efficaci, orientati alla strutturazione caratteriale disciplinata e corretta dei ragazzi. Il malinteso inclusivo che vede molti genitori impegnati ossessivamente a rimuovere gli ostacoli ed il dolore dal sentiero dei figli, fino ad azzerarne l’esperienza, ha con ogni evidenza, come primo risultato il malessere esistenziale dell’adulto che sarà inadeguato ad affrontare la temperie della vita. Piuttosto che corsi di educazione sentimentale del minore che sembra quasi un’assurda e velleitaria pretesa, andrebbero impartiti corsi di metodo ed orientamento educativo ai genitori perchè imparino a rieducare i maschi alla sofferenza; alla rinuncia; alla sconfitta, al dolore, al distacco della donna desiderata. Si eviti di assecondare i ragazzini e darla vinta ad ogni pié sospinto. Essere presenti, non abbandonarli al tablet; mantenere costante negli anni la sorveglianza ed il controllo per farne degli uomini arcigni in grado di scalare le vette dell’essere e di rialzarsi ad ogni ruzzolone. Mazza e panelle, fanno i figli belli. Mai come in questa epoca dell’assurdo dilagante, la vecchia saggezza popolare può aiutarci a ritrovare il senso di marcia per il futuro e ne siamo certi, a salvare tante bimbe quando saranno donne.