A leggere i Trattati costitutivi, quello che eleggeremo il 9 giugno prossimo, non è il Parlamento europeo, ma più semplicemente è la Dieta consultiva di Bruxelles, ci spiega ormai da lungo tempo un uomo troppo presto messo da parte dalle nomenclature bruxellesi alle quali intendeva restituire dignità politica per sottrarre le istituzioni continentali al governo della tecno-finanza. Euro bond, dazi, confini, mercato continentale con proiezione globale; ed ancora produzioni, lavoro, ricerca in luogo di importazioni e regolamenti, furono le soluzioni offerte alle crisi ricorrenti del vecchio continente anticipate da Giulio Tremonti che restano inascoltate ed anzi furono malamente rigettate dagli egoismi degli Stati egemoni trasfigurati dal metodo concertativo (2011). Unione Europea, già la formula istitutiva della unione (come fu per la unione delle repubbliche socialiste sovietiche), in luogo di Federazione o Confederazione, risulta alquanto ambigua. Lascia intravvedere una architettura di potere verticistico che mistifica l’adesione democratica dei popoli, mentre nella realtà le decisioni deliberative non ricevono quella spinta dal basso che informa gli orientamenti politici dei Parlamenti democraticamente eletti, ma impone una visione disegnata a tavolino ispirata molto spesso agli ideologismi della contemporaneità quando non sfacciatamente orientate agli interessi particolari delle classi dominanti la scena globale come ad esempio, il cosiddetto “green deal” che pretende di desertificare quanto rimane dei settori produttivi europei per fare del continente un’area esclusiva di consumi fabbricati altrove.
Con buona pace di Montesquieu e della divisione dei poteri, questa della Unione, risulta un’architettura che nominalmente vorrebbe richiamare l’adesione spontanea ad un processo aggregativo e di condivisione degli Stati europei, nella realtà è stata edificata per espungere la delega popolare dagli organi deliberativi dopo le battute di arresto impresse dai fallimenti referendari di Francia ed Olanda alla cosiddetta Costituizione europea oggi, ridimensionata e compresa nelle clausole dei Trattati costitutivi la cui sottoscrizione passa dai Governi e dalle successive ratifiche dei Parlamenti nazionali. Un artificio per aggirare l’altrimenti inevitabile scrutinio popolare. La volontà popolare ne resta difatti rappresentata di riflesso dalla ratifica di secondo grado dei Parlamenti nazionali spesso, come accade soprattutto in Italia, posti sotto ricatto
dalle tecnostrutture chiamate ad eseguire la superiore volontà della Unione che si è formata non già per un processo si sintesi delle istanze portate dal basso, ma dai conciliaboli tra i Governi nei quali inevitabilmente, finiscono per imporsi gli orientamenti delle potenze egemoni che poi trovano concreta realizzazione nella stringente ed inemendabile superfetazione regolatoria. Pervasiva, ben oltre ogni accettabile immaginazione, la genesi della legislazione europea appare agli occhi del cittadino comune viziata da un peccato originale di violazione della sovranità popolare, viene artificiosamente a formularsi fuori da ogni contesto disciplinato ed imposta per la ratifica di legittimità ai Parlamenti nazionali invece eletti, perfettamente quindi rappresentativi. Di fatto, esautorandoli.